dell’Avv. Glauco Stagnaro
1. Gli incentivi per l’attività edilizia e la responsabilità amministrativa – 2. Le agevolazioni fiscali connesse al Superbonus – 3. Le prime indicazioni in materia della magistratura contabile – 4. I presupposti per la responsabilità amministrativa in materia di Superbonus: 4.1. il rapporto di servizio con la p.a.; 4.2. i soggetti passivi della responsabilità; 4.3. il danno erariale patrimoniale; 4.4. l’elemento soggettivo della responsabilità; 4.5. il danno erariale all’immagine.
1. Nel corso degli ultimi anni sono state introdotte nella legislazione statale varie agevolazioni fiscali nel settore dell’edilizia privata, quali l’Ecobonus e il Sismabonus (previsti rispettivamente dall’art. 14 e dall’art. 16 del d.l. n. 63/2013, convertito in legge n. 90/2013), il Bonus Facciate (art. 1, commi 219-224 della legge n. 160/2019) e il Superbonus (art. 119 del d.l. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020).
In relazione a tali agevolazioni, sono tuttavia emerse plurime condotte illecite, aventi ad oggetto l’applicazione degli incentivi anche per interventi mai realizzati o comunque privi dei requisiti previsti dalla normativa in materia[1].
Con riferimento agli illeciti in questione si configura dunque un pregiudizio economico a carico dello Stato, che assume connotati di particolare gravità in ragione dell’elevato ammontare delle risorse pubbliche destinate ai medesimi incentivi.
Di conseguenza, per le fattispecie sopra indicate si pone la questione relativa alla possibile sussistenza della responsabilità amministrativa, attribuita alla giurisdizione della Corte dei Conti (in aggiunta alla responsabilità penale, in presenza di condotte che costituiscono anche ipotesi di reato)[2].
Com’è noto, la responsabilità amministrativa trova il proprio fondamento nell’art. 28 Cost. e si configura ogniqualvolta il dipendente pubblico (o un altro soggetto legato alla p.a. da un rapporto di servizio) provochi un danno alla propria amministrazione di appartenenza o ad altro ente pubblico (v. art. 13, r.d. n. 1214/1934 e art. 1, legge n. 20/1994). La responsabilità amministrativa, pur avendo una funzione essenzialmente risarcitoria a tutela del patrimonio erariale, si discosta dal modello della responsabilità civile, segnatamente laddove è prevista (v. il citato art. 1, legge n. 20/1994) la limitazione del risarcimento alle ipotesi di dolo o colpa grave con esclusione della colpa lieve (al fine di non ostacolare l’azione amministrativa per il timore dell’agente pubblico di incorrere in responsabilità anche a fronte di errori di modesto rilievo) e la non trasmissibilità dell’obbligazione risarcitoria in via ereditaria (con la sola eccezione dell’illecito arricchimento del dante causa e del conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi)[3].
La tutela risarcitoria per i danni subìti dalla p.a. può essere attivata nei confronti dei funzionari pubblici non solo a titolo di responsabilità amministrativa (a seguito di un’azione risarcitoria instaurata dalla Procura della Corte dei Conti) ma anche di responsabilità civile (per effetto di un’iniziativa giudiziaria avviata dall’amministrazione danneggiata davanti al giudice ordinario, mediante un giudizio in sede civile o la costituzione di parte civile nel processo penale). Infatti, le due azioni risarcitorie (amministrativa e civile) possono essere esercitate anche in maniera contestuale, con il solo limite rappresentato dalla necessità di evitare duplicazioni del credito spettante all’amministrazione danneggiata[4].
A ciò va aggiunto che la giurisdizione civile e quella penale, da un lato, e la giurisdizione contabile, dall’altro lato, sono reciprocamente autonome anche quando si pronunciano su un medesimo fatto materiale sicché – non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità tra detti giudizi – l’azione di responsabilità amministrativa non risulta vincolata dall’esito del contenzioso eventualmente già conclusosi davanti al giudice ordinario (fatta salva la disciplina di cui agli artt. 651 e seguenti del c.p.p.)[5].
Secondo l’orientamento ormai da tempo consolidato della Cassazione, la nozione di rapporto di servizio con la p.a. – sulla quale si fonda la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di responsabilità amministrativa – deve essere intesa in senso ampio e comprende ogni relazione nell’ambito della quale un soggetto è investito del compito di porre in essere per l’amministrazione un’attività di interesse pubblico, senza che rilevi né la natura giuridica dell’atto di investitura (provvedimento, convenzione o contratto) né quella del soggetto che la riceve (sia esso una persona giuridica o fisica, privata o pubblica)[6].
In questa prospettiva, risultano soggetti alla responsabilità amministrativa anche i privati che ottengono da un ente pubblico sovvenzioni o agevolazioni volte a realizzare o comunque incentivare attività preordinate al perseguimento di finalità di interesse pubblicistico.
In particolare, è configurabile la responsabilità amministrativa a carico dei privati che pongono in essere i presupposti per l’indebita percezione di un beneficio economico da un ente pubblico allo scopo di realizzare finalità pubblicistiche o che ne dispongono in maniera difforme rispetto agli obiettivi prestabiliti dall’ente[7].
2. Le considerazioni di carattere generale sopra svolte vengono quindi in rilievo per valutare la possibilità di configurare la responsabilità amministrativa con riferimento alla peculiare disciplina del Superbonus.
Sotto questo profilo, va tenuto presente che l’art. 121 del d.l. n. 34/2020 ha previsto, per i soggetti che sostengono spese per determinati interventi di efficientamento edilizio individuati dall’art. 119 dello stesso d.l., la possibilità di optare per l’utilizzo diretto della detrazione ad essi spettante negli anni di riferimento ovvero, alternativamente, per lo sconto in fattura (ossia un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto all’impresa esecutrice dei lavori)[8] o, ancora, per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari (il credito d’imposta è a sua volta suscettibile di cessione, nei termini più volte modificati di cui al citato art. 121, ovvero di compensazione con eventuali debiti erariali)[9].
Dalla lettura dell’art. 121 del d.l. n. 34/2020 emerge dunque con chiarezza che l’incentivo del Superbonus è stato impostato dal legislatore su percorsi alternativi: all’utilizzo diretto della detrazione fiscale (previsto come ipotesi ordinaria) sono state aggiunte le due opzioni sopra richiamate (rimesse al soggetto che ha sostenuto le spese), le quali consentono di ottenere un’immediata monetizzazione del proprio diritto, senza dover attendere cinque anni per la complessiva detrazione[10].
L’agevolazione fiscale del Superbonus con l’aliquota originale al 110% (peraltro progressivamente ridotta negli anni successivi) ha quindi costituito un potenziamento degli incentivi per l’efficientamento energetico e per le spese di consolidamento sismico (cd. Ecobonus e Sismabonus) introdotti dalla precedente legge n. 296/2006. L’innalzamento al 110% dell’aliquota di detrazione e la sua possibile trasformazione in credito di imposta cedibile a terzi, da un lato, perseguono l’obiettivo di dare impulso all’economia durante e dopo il delicato periodo dell’emergenza legata al Covid-19 e, dall’altro lato, risultano coerenti con la strategia di transizione energetica prevista a livello europeo, consentendo nel contempo di ampliare la platea degli utilizzatori di questa tipologia di incentivi e di superare le frequenti difficoltà connesse alla mancanza di adeguata capienza economica[11].
3. Allo stato attuale, non constano specifici precedenti giurisprudenziali della Corte dei Conti sul Superbonus, sicché risulta arduo delineare nel dettaglio i presupposti per configurare la possibile responsabilità amministrativa a carico dei soggetti che hanno commesso illeciti nella fruizione di tale incentivo; le uniche indicazioni della magistratura contabile sull’argomento si ricavano dalle più recenti relazioni dei Procuratori della Corte dei Conti in occasione delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario.
Nella propria relazione del 2025, il Procuratore Generale della Corte dei Conti ha affermato che, in linea di principio, a fronte dell’indebito ottenimento del Superbonus risultano sussistere sia la giurisdizione contabile sia il danno erariale, trattandosi di un’agevolazione fiscale finalizzata al conseguimento, mediante l’impiego di risorse pubbliche, di obiettivi di interesse pubblicistico[12]; analoga posizione è stata assunta dal Procuratore Regionale per il Piemonte nella relazione del 2024[13].
In proposito, dalla relazione per il 2025 del Procuratore Regionale per la Lombardia emerge che sono stati instaurati dallo stesso organo requirente due contenziosi concernenti agevolazioni relative all’attività edilizia che presentano affinità con il Superbonus.
La prima di tali fattispecie riguarda il danno erariale ipotizzato dalla Procura lombarda per l’utilizzo di risorse pubbliche relative al Bonus Facciate (introdotto dalla legge n. 160/2019). Il Procuratore Regionale fa riferimento a una società che “si è fatta assegnare commesse inizialmente preventivate per importi modesti a carico di ignari clienti ed ottenendo, previa sovrafatturazione dei lavori e tramite il meccanismo dello sconto in fattura, significativi crediti di imposta non spettanti“; nel giudizio di responsabilità amministrativa (che non risulta ancora definito in primo grado) sono stati evocati dalla Procura la società alla quale vengono contestate tali condotte e il suo legale rappresentante per rispondere, in solido, di un consistente danno erariale (ipotizzato nella misura di euro 919.131,39)[14].
Nella stessa relazione per il 2025, il Procuratore per la Lombardia accenna a un ulteriore contenzioso (anch’esso tuttora pendente) nel quale “sono convenuti persone fisiche, persone giuridiche e relativi amministratori, per altro ingente danno per circa 4 milioni di euro – pari all’ammontare dei crediti fiscali ceduti a terzi in buona fede – conseguente ad illecito beneficio del c.d. «Sisma bonus»“[15].
4. Dalle sopra richiamate indicazioni della magistratura requirente contabile si trae quindi una significativa conferma in ordine alla possibilità di configurare la responsabilità amministrativa in presenza di illeciti connessi all’ottenimento e alla gestione del Superbonus.
4.1. In primo luogo, risulta sussistere la giurisdizione della Corte dei Conti per le condotte contra legem correlate alla presentazione e gestione del Superbonus, venendo in essere – tra il beneficiario dell’incentivo e la p.a. – il rapporto di servizio in senso ampio che le Sezioni Unite della Cassazione richiedono per radicare tale giurisdizione. Ciò anche in considerazione del fatto che il beneficio fiscale del Superbonus, “potendo essere liberamente ceduto a terzi, ben può essere monetizzato e assimilato conseguentemente al finanziamento di un contributo“, al pari di quanto avviene per gli aiuti erogati dallo Stato e dall’Unione Europea (per i quali, in caso di illeciti, è pacifica la giurisdizione contabile[16]).
In ordine a questo aspetto, va altresì considerato che il sistema delle agevolazioni individuato per il Superbonus (detrazione fiscale, sconto in fattura e cessione del credito d’imposta) delinea un programma di intervento dello Stato nell’economia per favorire l’attività edilizia, perseguendo nel contempo la finalità di sostegno alle imprese del settore e di miglioramento delle condizioni del patrimonio immobiliare nonché della qualità ambientale (in termini di protezione dagli eventi sismici e di efficientamento energetico). In ragione di ciò, si può dunque sostenere che i soggetti che beneficiano del Superbonus si inseriscono nella programmazione pubblica, concorrendo a realizzarne gli inerenti obiettivi[17].
4.2. Sotto un ulteriore profilo, ai fini dell’individuazione dei soggetti in capo ai quali può in concreto configurarsi la responsabilità amministrativa, va tenuto presente che essa ha carattere personale (art. 1, comma 1, legge n. 20/1994) e non si estende quindi a coloro che, pur avendo una diretta relazione con l’immobile interessato dal Superbonus, non hanno in concreto posto in essere alcuna condotta causalmente idonea alla produzione del danno erariale.
Tale potrebbe essere la posizione dei proprietari delle singole unità immobiliari ogniqualvolta i medesimi, nell’ambito di un condominio, non abbiano assunto un ruolo attivo nella presentazione della pratica del Superbonus, avendo invece demandato i relativi adempimenti all’amministratore condominiale; e ciò fatta ovviamente salva la diversa eventualità in cui i proprietari siano compartecipi delle condotte illecite, in concorso con i soggetti da loro incaricati di interfacciarsi con la p.a.[18].
È dunque possibile ipotizzare la responsabilità amministrativa a carico del soggetto (sia esso il proprietario dell’immobile o un suo incaricato) che ha in via di fatto espletato gli adempimenti del Superbonus, dando impulso al procedimento amministrativo per la concessione dell’incentivo e alla conseguente causazione del pregiudizio erariale[19].
La contestazione della responsabilità amministrativa potrebbe estendersi anche ai professionisti tecnici che, nell’interesse del soggetto istante, hanno reso dichiarazioni e asseverazioni necessarie ai fini dell’attivazione del Superbonus. Tali tecnici, invero, espletano un’attività preordinata all’utilizzo di risorse pubbliche, che si inserisce nella sequenza procedimentale del Superbonus quale adempimento indefettibile (v. art. 119, comma 13, d.l. n. 34/2020) e che, di fatto, configura l’esercizio di funzioni pubblicistiche, in sostituzione degli organi della p.a., ai fini della verifica sulla sussistenza delle condizioni per la concessione del beneficio fiscale[20].
Appare invece obiettivamente dubbia la possibilità di ascrivere la responsabilità amministrativa – in aggiunta alle persone fisiche sopra individuate – anche a carico del condominio; per quest’ultimo, infatti, la Cassazione ha escluso il riconoscimento della personalità giuridica e la titolarità dominicale delle parti comuni dell’immobile[21], optando per la configurazione di una più limitata soggettività giuridica quale mero ente di gestione delle stesse parti comuni[22].
Nei confronti del condominio, pertanto, non sembra possibile applicare in maniera automatica il consolidato assunto giurisprudenziale che pone la responsabilità amministrativa a carico non solo delle persone fisiche che hanno agito per l’ottenimento di un contributo pubblico ma anche della persona giuridica beneficiaria del medesimo[23].
Inoltre, risulta problematico ravvisare la responsabilità amministrativa nei confronti dei terzi cessionari del credito o che emettono lo sconto in fattura; ciò in ragione di quanto poc’anzi esposto sulla necessaria sussistenza di un rapporto di servizio con la p.a. per integrare tale tipologia di responsabilità[24]. Detti terzi, infatti, si limitano a instaurare un rapporto contrattuale con il beneficiario dell’incentivo e non hanno un legame diretto con la p.a.; del resto, il coinvolgimento nella pratica di Superbonus del cessionario del credito o dell’impresa che effettua lo sconto in fattura è demandato in via esclusiva alla libera e unilaterale decisione del beneficiario dell’incentivo, rispetto alla quale la p.a. resta estranea[25].
A fronte del concorso di eventuali terzi non soggetti alla responsabilità amministrativa nella produzione del danno erariale, nell’ambito del giudizio instaurato davanti alla Corte dei Conti (a carico dei soli soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile) potrebbe trovare applicazione l’art. 83, comma 2 del codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174/2016). In forza di questa norma, quando il fatto dannoso è causato da più persone e alcune di esse non sono state convenute nello stesso processo, se si tratta di responsabilità parziaria il giudice contabile valuta tale circostanza, ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali viene pronunciata la sentenza della Corte dei Conti.
4.3. Quanto all’ulteriore presupposto della responsabilità amministrativa costituito dal pregiudizio erariale (consistente in una perdita patrimoniale a carico dello Stato, in termini di danno emergente o di lucro cessante), esso può concretizzarsi, in primo luogo, nell’ipotesi di ammissione del Superbonus in assenza dei requisiti di legge, sulla base di dichiarazioni e documenti non veritieri (ad esempio, in caso di mancato rispetto delle disposizioni che limitano l’agevolazione ai lavori di ristrutturazione edilizia, con esclusione di quelli di nuova costruzione, e ne precludono l’operatività per determinate tipologie di immobili)[26].
Il pregiudizio erariale può altresì scaturire dalla realizzazione di opere difformi rispetto a quelle per le quali il Superbonus è stato legittimamente riconosciuto (qualora sia stata falsamente attestata la conformità delle opere ai fini delle certificazioni di ultimazione dei lavori o siano state emesse fatture di importo superiore a quello dei lavori effettivamente realizzati); parimenti, il danno erariale può essere correlato al non corretto utilizzo, da parte del beneficiario del Superbonus, degli strumenti fiscali alternativi alla detrazione (cessione del credito, sconto in fattura)[27].
Nell’ipotesi di indebita fruizione del Superbonus, potrebbero sorgere incertezze in ordine al momento (rilevante ai fini della prescrizione del credito risarcitorio: v. l’art. 1, comma 2, legge n. 20/1994) in cui viene in essere il danno erariale[28]. In questa evenienza, potrebbero trovare applicazione le considerazioni svolte dalla Cassazione nell’ambito di un contenzioso penale concernente i contributi pubblici, secondo cui “solo quando i crediti ceduti sono stati materialmente riscossi o compensati può dirsi realizzato il danno per lo Stato, per essersi verificata la concreta perdita patrimoniale, siccome erogato a rimborso di un credito fittizio ovvero non incassato per effetto di compensazione con un credito fittizio“; infatti, “il danno per lo Stato è un evento successivo ed eventuale rispetto alla indebita concessione del credito fiscale e non si pone come diretta conseguenza delle condotte poste in essere dai soggetti che, attraverso la falsificazione dei SAL o la emissione di fatture per operazioni inesistenti, abbiano conseguito il credito di imposta, utile alla sua successiva monetizzazione presso gli istituti di credito“[29].
Inoltre, il danno erariale è pari all’importo del contributo indebitamente percepito o illegittimamente utilizzato dal privato[30]; pertanto, l’azione per l’accertamento della responsabilità amministrativa (che persegue una finalità essenzialmente risarcitoria) risulta preclusa in caso di previo ed effettivo incameramento, da parte dello Stato, dell’intero importo indebitamente ottenuto con il Superbonus (mediante il procedimento di recupero attivato dall’Agenzia delle Entrate[31] o un giudizio risarcitorio in sede civile promosso dalla stessa amministrazione).
4.4. Ai fini della responsabilità amministrativa risulta altresì necessaria (in forza dell’art. 1, comma 1, legge n. 20/1994) la dimostrazione sulla sussistenza, in capo al soggetto agente (legato alla p.a. dal rapporto di servizio), dell’elemento soggettivo del dolo (che deve consistere nella dimostrazione della volontà dell’evento dannoso) ovvero della colpa grave (che si verifica a fronte di una condotta connotata da una macroscopica e inescusabile negligenza, imperizia o imperizia).
In proposito, viene in rilievo anche la disciplina transitoria nota come “scudo erariale”, che, per il periodo successivo al 17/7/2020, prevede la temporanea limitazione della responsabilità amministrativa degli amministratori e funzionari pubblici ai soli casi in cui i fatti causativi del danno erariale sono stati commessi con dolo o derivano da una condotta inerte o comunque omissiva. Tale disciplina – introdotta dall’art. 21 del decreto legge n. 76/2020 (convertito in legge n. 120/2020) e successivamente prorogata varie volte[32] – persegue l’obiettivo di favorire la ripresa delle attività economiche a seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19[33] e, in linea di principio, può trovare applicazione anche per eventuali condotte colpose inerenti al Superbonus (ad esempio, sull’interpretazione dei requisiti per l’ammissione all’incentivo[34]).
4.5. La responsabilità amministrativa può altresì avere ad oggetto, in aggiunta al pregiudizio patrimoniale nei termini sopra delineati, anche il danno all’immagine della p.a., connesso alla lesione del prestigio dell’ente, che si verifica per effetto di una condotta contraria alla legge da parte del soggetto legato all’amministrazione da un rapporto di servizio.
Questa tipologia di danno ha ricevuto un’espressa disciplina normativa (che l’ha delineata secondo un paradigma autonomo dal modello civilistico) da parte dell’art. 17, comma 30-ter del d.l. n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009; detta norma aveva circoscritto la responsabilità amministrativa per danno all’immagine ai soli casi in cui era previamente intervenuta una sentenza penale di condanna irrevocabile per la commissione dei delitti contro la p.a. (disciplinati dagli artt. 314-360, cod. pen.)[35].
Successivamente, il legislatore è intervenuto anche sotto il profilo della quantificazione del danno all’immagine, stabilendo che il suo ammontare si presume, salva prova contraria, pari al doppio “della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita” (art. 1, comma 62, legge n. 190/2012).
Più di recente, l’art. 51 del codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174/2016) ha modificato l’art. 17, comma 30-ter del d.l. n. 78/2009 addivenendo – secondo l’indirizzo giurisprudenziale in oggi maggioritario, peraltro disatteso da un consistente orientamento di segno opposto[36], – al superamento della limitazione del risarcimento del danno all’immagine alle sentenze penali irrevocabili per i delitti specificamente rubricati contro la p.a.. Pertanto, secondo l’orientamento prevalente, allo stato attuale non risulta più tassativamente richiesta, come condizione dell’azione risarcitoria per il pregiudizio all’immagine, la perpetrazione di uno dei suddetti delitti contro la p.a., essendo sufficiente la commissione di qualsiasi delitto a danno della stessa, come indicato dall’art. 51 c.g.c. (ossia, oltre a quelli “contro la Pubblica Amministrazione“, tutti gli altri delitti comuni aventi ricadute negative a carico di un ente pubblico).
In relazione all’indebito ottenimento del Superbonus, nel giudizio di responsabilità amministrativa risulta quindi possibile contestare, in aggiunta al danno erariale patrimoniale, anche quello all’immagine. Ciò sulla base di una previa sentenza irrevocabile di condanna che, per l’orientamento giurisprudenziale maggioritario, può avere ad oggetto ogni reato che ha determinato un pregiudizio a carico dell’amministrazione (incluso quindi l’art. 640-bis del cod. pen., relativo alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) ovvero, secondo l’indirizzo minoritario, i soli reati contro la p.a. (tra i quali rientra l’indebita percezione di erogazioni pubbliche di cui all’art. 316-ter, cod. pen.)[37].
Il testo è stato elaborato sulla base della relazione svolta al convegno “Il contenzioso in materia di bonus fiscali” organizzato dal Foro Immobiliare e tenutosi a Genova il 13/5/2025.
[1] Nella relazione del Procuratore Regionale per il Piemonte della Corte dei Conti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 (reperibile sul sito www.corteconti.it) viene affermato (a pagg. 5-6) che “sono emersi e segnalati, anche con inchieste televisive, fenomeni appropriativi di dimensioni colossali, nell’ordine di miliardi di euro, facilitati da un sistema di autocertificazioni ed autodichiarazioni, grazie alle quali sono stati alimentati «cassetti fiscali», poi rapidamente svuotati con un sistema di spregiudicate e velocissime cessioni di crediti. È stata segnalata dalla Guardia di Finanza la creazione «a tavolino» di crediti inesistenti tramite fatture false e monetizzazione degli stessi crediti fittizi mediante i meccanismi di cessione ad istituti finanziari“.
[2] Alle pagg. 107-109 della relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 (su www.corteconti.it) si accenna al fatto che, “nel corso del 2024, in particolare, è venuta all’attenzione della Corte di cassazione, in sede penale, una serie di casi, rispetto ai quali la Suprema Corte ha affrontato, primariamente – così come accaduto sia per le misure di sostegno alla liquidità delle imprese, sia in parte per i titoli di certificazione energetica – il tema dell’inquadramento giuridico di tali fenomeni distorsivi, che si presenta sempre correlato alla dicotomia ermeneutica tra il reato di «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche» (art. 640 bis c.p.) e quello di «indebita percezione di erogazioni pubbliche» (art. 316 ter c.p.)“; la Procura Generale ha rilevato che “allo stato, dunque, non sembra essersi consolidata un’interpretazione univoca degli illeciti in discussione: può osservarsi in merito che la seconda soluzione interpretativa – che li inquadra all’art. 316 ter – presenta profili di continuità con la linea seguita dalla Suprema Corte in relazione alle frodi perpetrate nel conseguimento degli ausili finanziari alle imprese, risultando primariamente valorizzato l’impatto lesivo dell’acquisizione del beneficio, rispetto alle successive fasi di sviluppo della fattispecie“.
[3] Per un inquadramento generale della responsabilità amministrativa, cfr. V. Tenore (a cura di), La nuova Corte dei Conti: responsabilità, pensioni, controlli, 2022; A. Canale, F. Freni, M. Smiroldo (a cura di), Il nuovo processo davanti alla Corte dei Conti, 2021.
[4] v. Corte Costituzionale, sentenza 7/7/2022, n. 203 (su www.cortecostituzionale.it).
[5] In tal senso, cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 15/2/2022, n. 4871; 23/11/2021, n. 36205; 6/7/2021, n. 19027 (su www.italgiure.giustizia.it).
[6] Si veda M. Atelli, Rapporto di servizio “di secondo livello” (da erogazione di contributi funzionalizzati a obiettivi di interesse pubblico) e giurisdizione contabile, Riv. Corte Conti, n. 6/2023, pagg. 36-41.
[7] Tra le numerose decisioni delle Sezioni Unite Civili della Cassazione (su www.italgiure.giustizia.it), cfr. le pronunce 7/1/2020, n. 111; 24/11/2015, n. 23897; 25/1/2013, n. 1774; 3/3/2010, n. 5019; v. anche Cass Civ., Sez. Un., 23/2/2010, n. 4309, ove si sottolinea che, ai fini della delimitazione della giurisdizione contabile, le Sezioni Unite “hanno teso a privilegiare un approccio più «sostanzialistico», sostituendo ad un criterio eminentemente soggettivo che identificava l’elemento fondante della giurisdizione della Corte contabile nella condizione giuridica pubblica dell’agente, un criterio oggettivo, che fa leva sulla natura pubblica delle funzioni esercitate e delle risorse finanziare a tal fine adoperate“; la stessa sentenza n. 4309/2010 afferma che tale orientamento della Cassazione è preordinato a “evitare il rischio di un sostanziale svuotamento o di un grave indebolimento della giurisdizione della Corte dei conti in punto di responsabilità“.
[8] Cfr. pagg.17-18 della Memoria nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli effettivi macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia, Sezioni Riunite della Corte dei Conti in sede di Controllo, aprile 2023 (su www.corteconti.it).
[9] Sul punto, v. la Requisitoria del Procuratore Generale della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato per il 2024 (pagg. 14-15).
[10] Si veda C. Bossi, Attenti al c.d. Superbonus: la Cassazione detta le regole, in Diritto & Giustizia, fasc. 188, 2022, pag. 6: “Il prezzo richiesto per l’esecuzione delle opere (anche qui sarebbe corretto specificare l’ammontare massimo del corrispettivo richiesto assoggettabile alla normativa) può essere o integralmente corrisposto, generandosi in favore del committente credito fiscale di pari importo da utilizzarsi in 5 anni fiscali sempre ammesso che il contribuente goda della necessaria capienza, ovvero della possibilità di avere un debito di imposta almeno pari alla quota annuale per la quale gode del diritto alla compensazione, oppure può essere corrisposto, totalmente o parzialmente, attraverso il meccanismo dello sconto in fattura, cioè di applicazione da parte del committente di una percentuale di sconto rispetto all’ammontare complessivo del corrispettivo richiesto che può giungere sino al 100% del medesimo. Ovviamente sia il committente, nel caso in cui abbia corrisposto il prezzo, totalmente o parzialmente, sia l’appaltatore in modo del tutto analogo al committente, avranno maturato un credito fiscale pari al 110% del l’importo pagato o non riscosso a mezzo dello sconto in fattura. L’appaltatore, una volta maturato il credito di imposta potrà, a propria scelta o utilizzarlo nei limiti e con le modalità previste dal legislatore ovvero attraverso compensazione di imposte oppure cedere il proprio credito fiscale a terzi operatori qualificati. Terzi operatori fra i quali ovviamente rivestono qualifica privilegiata gli istituti di credito“.
[11] Cfr. la già menzionata Memoria nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli effettivi macroeconomici e di finanza pubblica derivanti dagli incentivi fiscali in materia edilizia (pagg. 17 e ss.).
[12] Cfr. pag. 110 della relazione del P.G. della Corte dei Conti citata nella precedente nota 2.
[13] Relazione del Procuratore Regionale per il Piemonte (su www.corteconti.it), pag. 7: “Sul fenomeno questa Procura intende far valere – anche alla luce della giurisdizione della Corte dei conti, già affermata alcuni anni addietro in materia di crediti di imposta relativi alla «Legge n. 488 [del 1992]» – tutte le proprie prerogative e poteri al fine di tentare di porre un argine ad un fenomeno di autentico sperpero di denaro che si alimenta attraverso l’abuso del sistema di automaticità nel riconoscere il credito di imposta senza controlli preventivi“.
[14] Relazione del Procuratore Regionale per la Lombardia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 (su www.corteconti.it), pagg. 14-15.
[15] Relazione del Procuratore Regionale per la Lombardia, cit., pag. 15.
[16] Relazione del Procuratore Regionale per la Lombardia, cit., pag. 15.
[17] In tal senso si è espresso il Procuratore Generale della Corte dei Conti nella già menzionata relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 (pag. 110).
[18] Secondo Cass. Civ., Sez. Un., 4/10/2019, n. 24858 (su www.italgiure.giustizia.it), “colui che percepisce fondi pubblici senza aver presentato una specifica domanda ma partecipando all’attività di indebita erogazione da parte dei funzionari infedeli dell’Agenzia attraverso la messa a disposizione della propria identità e dei propri conti correnti bancari, si inserisce, in via di fatto, nell’iter procedimentale dell’amministrazione di realizzazione del programma pubblico, concorrendo con la propria opera alla produzione del danno erariale derivante dallo sviamento dell’erogazione dalle sue finalità istituzionali e dalla sottrazione delle risorse pubbliche allo scopo cui erano preordinate“.
[19] La responsabilità amministrativa si configura anche a carico dei funzionari di fatto, privi di una formale investitura da parte della p.a. (v. Cass. Civ., Sez. Un., 24/1/2022, n. 1994 su www.italgiure.giustizia.it e Sez. Un., 22/12/2003 n. 19667, su Foro It. 2005, I, pag. 2676).
[20] Sulla possibilità di contestare la responsabilità amministrativa ai privati che, nell’interesse della p.a., svolgono funzioni di direttore lavori o responsabile del procedimento, cfr. M. De Paolis, La responsabilità per danno erariale del direttore dei lavori nelle opere pubbliche, Azienditalia 8-9/2020, pagg. 1499-1503. Cfr. anche l’art. 119, comma 14, primo periodo, d.l. n. 34/2020: “Ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa“.
[21] In questi termini, v. Cass. Civ., Sez. Un., 18/4/2019, n. 10934 (su www.italgiure.giustizia.it).
[22] È significativo rilevare che l’indirizzo prevalente della giurisprudenza sia civile che amministrativa esclude la possibilità di individuare il condominio quale destinatario dei provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi, anche se relativi alle parti comuni degli edifici. Tra le più recenti, v. T.A.R. Umbria, 15/7/2024, n. 544 (su www.giustizia-amministrativa.it): “siffatto principio è stato confermato anche dopo le modifiche introdotte nel codice civile dalla legge 220/2012 (Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici), poiché quest’ultima, pur avendo attribuito un attenuato grado di soggettività al condominio, non lo ha comunque fatto assurgere al rango di ente dotato di vera e propria personalità giuridica (cfr. Cass. civ., SS.UU., n. 19663/2014), di modo che il Condominio sicuramente non può essere individuato come proprietario nemmeno delle parti comuni del complesso immobiliare e destinatario di provvedimenti sanzionatori, soprattutto in assenza di ulteriori elementi per ritenere che il Condominio possa essere individuato come responsabile degli abusi edilizi (cfr. T.A.R. Campania, VIII, n. 3005/2020)“.
[23] In proposito, cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 4/6/2021, n. 15570 (su www.italgiure.giustizia.it).
[24] Sull’impossibilità di radicare la giurisdizione contabile in capo ai “beneficiari indiretti” dei contributi pubblici, v. Corte Conti, Sez. Reg. Sicilia, 23/3/2022, n. 286 (su www.corteconti.it).
[25] Anche con riferimento a tali terzi, per integrare l’eventuale responsabilità amministrativa occorrerebbe comunque fornire la prova del loro coinvolgimento nell’illecito a titolo di dolo o colpa grave. Al riguardo, pur non essendo direttamente applicabili al giudizio di responsabilità amministrativa, potrebbero venire in rilievo le disposizioni dell’art. 121 del d.l. n. 34/2020 (commi 6 e seguenti, introdotti dal d.l. n. 11/2023, convertito in legge n. 38/2023) che escludono il concorso nell’illecito del terzo cessionario (a parte il caso di dolo) qualora risulti che il medesimo abbia acquisito un’adeguata documentazione sulla pratica del Superbonus ai fini della cessione del credito.
[26] L’applicazione del Superbonus viene esclusa, tra l’altro, per le abitazioni di tipo signorile (categoria catastale A/1) nonché per le ville (A/8); con riferimento a castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici (A/9), l’agevolazione è subordinata alla loro apertura al pubblico, allo scopo di favorirne la fruizione (v. comma 15-bis dell’art. 119, d.l. n. 34/2020). Inoltre, il Superbonus presuppone la preesistenza del fabbricato, sicché non opera per gli interventi classificati nella nuova edificazione, che comprende anche la demolizione e ricostruzione “non fedele” degli immobili per i quali, ai fini dell’inclusione di un intervento edilizio nella ristrutturazione, continua a essere prescritto dall’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 il requisito della “fedeltà” (ossia, per gli immobili soggetti ai vincoli culturali o paesaggistici indicati da detto art. 3).
[27] La relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025 (su www.corteconti.it), reca le seguenti considerazioni (a pag. 107): “tale innovativo incentivo ha determinato l’insorgere di un meccanismo di circolazione dei crediti d’imposta maturati dalle aziende fornitrici degli interventi edilizi, in quanto ulteriormente cedibili ad altri soggetti, compresi istituti di credito ed intermediari finanziari. […] Purtroppo, in questo ambito, a fronte della considerevole portata dei benefici messi a disposizione degli operatori economici, sono emerse plurime fattispecie di illecita attivazione degli stessi, perpetrate attraverso la falsificazione dei requisiti di accesso, con conseguente massiva circolazione di crediti d’imposta indebitamente generati per interventi mai realizzati o, comunque, privi delle caratteristiche richieste dalla legge“.
[28] Cass. Pen., Sez. II, 30/10/2024, n. 40015 (su www.italgiure.giustizia.it): “in tali casi, il soggetto passivo dell’induzione in errore è sempre la pubblica amministrazione, mentre il danneggiato dal reato può sia coincidere con la Agenzia delle Entrate e quindi con l’amministrazione finanziaria ove il credito sia stato posto in compensazione o comunque liquidato, ovvero con il terzo cessionario del credito, che lo abbia poi a sua volta inserito nel proprio cassetto fiscale“.
[29] Cass. Pen., Sez. VI, 29/10/2024, n. 46354 (su www.italgiure.giustizia.it).
[30] W. Berruti, La giurisdizione della Corte dei Conti e i finanziamenti europei, Riv. Corte Conti, n. 4/2023, pag. 78.
[31] Tale procedimento di recupero è previsto dall’art. 121, comma 5, d.l. n. 34/2020.
[32] Il termine finale del periodo transitorio, originariamente fissato al 31/7/2021 (dal decreto legge n. 76/2020), è stato differito mediante ripetute proroghe (da ultimo, fino al 31/12/2025 con il d.l. 12/5/2025, n. 68, nelle more di una complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativa.
[33] V. la sentenza della Corte Costituzionale 6/6/2024, n. 132 (su www.cortecostituzionale.it), che ha ritenuto costituzionalmente legittimo lo “scudo erariale”, in ragione della sua durata temporanea.
[34] Sul punto, cfr. la precedente nota 26.
[35] La legittimità di tale limitazione era stata confermata dalla pronuncia della Corte Costituzionale con sentenza 15/12/2010, n. 355 (su www.cortecostituzionale.it).
[36] Per la ricostruzione nel dettaglio dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di danno all’immagine, v. M. Oricchio, in A. Canale, F. Freni, M. Smiroldo (a cura di), Il nuovo processo davanti alla Corte dei Conti, 2021, pagg. 329-333.
[37] In merito alle attuali incertezze della giurisprudenza penale per l’inquadramento delle condotte illecite relative all’ottenimento del Superbonus mediante condotte preordinate a trarre in errore l’amministrazione, si rinvia alla precedente nota 2.