del dott. Franco Castellucci, Specializzato in Diritto amministrativo
Abstract – Gli articoli 7 e 8 della Legge 241 del 1990 disciplinano il primo degli “strumenti giuridici”: La comunicazione di avvio del procedimento che, il legislatore ha predisposto per la partecipazione al procedimento amministrativo, in questo lavoro esamineremo l’inquadramento giuridico e le deroghe previste dalla legge e quelle di creazione della giurisprudenza amministrativa (con qualche accenno alla dottrina), con particolare riferimento al rapporto caratteristico tra provvedimento vincolato e garanzia di partecipazione al procedimento amministrativo. Concludendo con un cenno al principio della partecipazione al procedimento vista in una prospettiva più generale di politica giuridica al di là del suo valore procedurale e in relazione al principio democratico.
Sommario: – 1. Premessa. 2. La disciplina relativa alla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo. 2.1. I soggetti destinatari. 2.2.Il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento. 3.Finalità dell’avvio del procedimento. 4. Le eccezioni all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento. 4.1. Le eccezioni stabilite dalla legge. 4.2. Le eccezioni di elaborazione giurisprudenziale: una panoramica. 4.2.1. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento sussiste sempre. 4.2.2. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non è necessario nei procedimenti ad istanza di parte. 4.2.3. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste in caso di procedimenti già conosciuti dall’interessato 4.2.4. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste in caso di procedimenti riservati o segreti. 4.2.5. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste nel caso di attività vincolata. 5.Le conseguenze della mancata comunicazione e della comunicazione parziale. 6.Conclusioni.
1.Premessa
Il Capo III della Legge 7 agosto 1990 n. 241, intitolato “Partecipazione al procedimento amministrativo” (artt. 7 – 13), disciplina la partecipazione all’attività amministrativa che, com’è noto, rappresenta un aspetto fondamentale del procedimento amministrativo, consentendo, da una parte, alla P.A. di effettuare una corretta e più consapevole ponderazione degli interessi del cittadino e dall’altra, contestualmente di quelli di pubblico interesse. In altre parole, la “partecipazione” fa più facilmente emergere gli interessi sottostanti all’azione amministrativa, rendendo il procedimento più trasparente, contribuendo così, a differenza di un non lontano passato, a realizzare una maggiore democraticità dell’azione amministrativa che con gli istituti di partecipazione e la Semplificazione dell’azione amministrativa, disciplinata dal successivo Capo IV, hanno segnato un punto di svolta nella relazione tra cittadini e pubblica amministrazione.
La Legge 241/1990, non fornisce una definizione esplicita ed univoca del “procedimento amministrativo”, ma lo descrive come una serie di atti e attività che portano all’adozione di un provvedimento. Sinteticamente, il procedimento amministrativo, consente alla P.A. l’emersione e “la ponderazione di tutti gli interessi, pubblici e privati” investiti dalla decisione e rivolti all’adozione dell’atto finale della sequenza: il provvedimento amministrativo. (Sandulli)
La 241/1990, quindi, ne disciplina le fasi, i principi e le modalità di svolgimento, garantendo trasparenza e partecipazione. In tal modo il provvedimento amministrativo, sarà perfetto (ossia sarà comprensivo di tutti gli elementi necessari per la sua esistenza giuridica) ed efficace (possa cioè produrre validamente effetti); in sostanza, il processo decisionale della P.A., formalizzato attraverso in “procedimento” serve a garantire la tracciabilità della decisione finale (il provvedimento amministrativo), permettendo di verificare, sulla base dei dati e riscontri obiettivi, la legittimità del provvedimento adottato e la sua conformità alle norme ed ai principi che regolano lo svolgimento dell’azione amministrativa.
Pertanto, la partecipazione al procedimento amministrativo contribuisce a:
- garantire una migliore ponderazione degli interessi di tutti i soggetti coinvolti;
- garantire la trasparenza dell’azione amministrativa permettendo ai cittadini di conoscere le decisioni che li riguardano e le motivazioni che le sostengono al fine di verificare la legittimità e la correttezza delle decisioni;
- assicurare l’imparzialità: consente ai cittadini di far sentire le proprie ragioni e di contribuire alla formazione della volontà amministrativa;
- promuovere il buon andamento della pubblica amministrazione (art.97 Cost.): la partecipazione dei cittadini facilita l’amministrazione a prendere decisioni più consapevoli e a garantire che esse siano nel migliore interesse pubblico. Il “buon andamento”, inoltre, implica che l’attività amministrativa debba svolgersi in modo efficace, efficiente ed economico, mirando al raggiungimento degli obiettivi prefissati con il minor dispendio di risorse. L’efficienza, nello specifico, si riferisce alla capacità di ottenere i migliori risultati con il minor impiego di risorse, tempo ed energie[1].
La partecipazione al procedimento amministrativo, sancita dall’art. 7 della Legge 241/1990, rappresenta un principio di carattere generale dell’azione amministrativa “diretto a garantire l’instaurazione di un contraddittorio procedimentale tra le parti interessate in relazione a tutti gli aspetti che assumeranno rilievo ai fini della decisione finale, per la salvaguardia del buon andamento e della trasparenza dell’Amministrazione, anche in un’ottica deflattiva del contenzioso”[2]. Per cui ogni disposizione che limiti o escluda tale diritto va interpretata in modo rigoroso, al fine di evitare di vanificare od eludere il principio stesso.
Il fondamento costituzionale della partecipazione al procedimento amministrativo trova le sue basi giuridiche sui principi buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione previsti dall’art. 97 Cost. e nel diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi previsto dall’art. 24 Cost..
A tal fine il legislatore ha predisposto una serie di strumenti giuridici, infatti, la partecipazione al procedimento amministrativo, nella struttura predisposta dalla Legge 241/1990, si realizza attraverso una serie di istituti, elencati secondo l’ordine di seguito indicato:
I – La comunicazione di avvio del procedimento – (artt. 7-8, L. n.241/1990);
II. Il diritto di partecipare o intervenire nel procedimento – (artt. 9-10, L. n. 241/1990);
III. Il c.d. preavviso di rigetto con riferimento ai procedimenti su istanza di parte – (art. 10-bis, L. n. 241/1990);
IV. Gli accordi con i privati per la determinazione del contenuto del provvedimento ovvero per la sostituzione dello stesso – (art. 11, L. n. 241/1990);
V. Il diritto di accesso agli atti del procedimento – (artt. 22 e ss, L. n. 241/1990).
In questo breve lavoro concentreremo la nostra attenzione, sul primo di questi strumenti predisposti dal legislatore del ’90: “La comunicazione di avvio del procedimento” esaminandone gli aspetti problematici che la stessa presenta e le soluzioni date dalla giurisprudenza amministrativa.
2. La disciplina relativa alla “Comunicazione di avvio del procedimento amministrativo”
La disciplina specifica è contenuta nell’art. 7 rubricato – Comunicazione di avvio del procedimento e nell’art. 8 – Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento, mentre l’art. 13 – Ambito di applicazione delle norme sulla partecipazione procedimento-contiene delle eccezioni alla regola generale che vale per tutte le norme riguardanti la partecipazione e che sono previste nel capo stesso. Vediamoli in dettaglio.
2.1 Soggetti destinatari
L’art. 7 della Legge 241/1990 dispone che ve non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’art. 8:
a) ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti;
b) a quelli che per legge debbono intervenirvi;
c) a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento (controinteressati).
Infine, nello stesso articolo si pone una ulteriore eccezione: “Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facoltà dell’amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari”.
In sostanza l’art. 7 dopo aver enunciato chi sono i destinatari della comunicazione prevede due eccezioni all’invio della stessa, anche se la seconda è una specificazione della regola generale della prima eccezione:
- esigenze di celerità del procedimento;
- provvedimenti cautelari.
- Il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento
Il successivo art. 8 della Legge 241/1990, richiamato dal precedente articolo, dispone quali siano gli elementi essenziali della comunicazione di avvio del procedimento che, qualora mancanti, potranno essere fatti valere solo dal destinatario (comma 4).
Questi elementi sono:
a) l’indicazione dell’amministrazione competente;
b) l’oggetto del procedimento;
c) l’ufficio, il domicilio digitale dell’amministrazione e la persona responsabile del procedimento;
(lettera così modificata dall’art. 12, comma 1, lettera d), Legge n. 120 del 2020).
c-bis) la data entro la quale, deve concludersi il procedimento;
(questa lettera è stata inserita dalla dall’art. 5 della Legge 11 febbraio 2005, n.15).
c-bis) i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione;
(questa lettera è stata inserita dalla dall’art. 5 della Legge 11 febbraio 2005, n.15).
c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;
d) le modalità con le quali, attraverso il punto di accesso telematico è possibile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico;
(lettera così modificata dall’art. 12, comma 1, lettera d), Legge n. 120 del 2020).
d-bis) l’ufficio dove è possibile prendere visione degli atti che non sono disponibili o accessibili con le modalità telematiche.
Va sottolineato che le numerose modifiche apportate all’articolo 8, dimostra quanto il legislatore reputi importante[3] la partecipazione del cittadino al procedimento, nel corso degli anni ha, infatti, via via rinforzato e modificato gli elementi necessari per la comunicazione dell’avvio del procedimento prevedendone di ulteriori e dettagliato quelli già previsti.
- Finalità della comunicazione di avvio del procedimento
Le finalità che il legislatore si è proposto sulla base della pregressa giurisprudenza amministrativa sono diverse e molteplici, ma sicuramente le fondamentali sono quelle di funzione di garanzia e collaborazione, dalle quali poi, come è peraltro evidente, ne scaturiscono altre.
La finalità della comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo è quella di consentire ai soggetti interessati di essere informati tempestivamente sulla decisione amministrativa che li riguarda e, soprattutto, di partecipare attivamente al procedimento stesso.
Ciò garantisce trasparenza e promuove la partecipazione dei cittadini che in tal modo tutelano meglio i loro interessi, con l’ulteriore possibilità di esprimere eventuali osservazioni, integrazioni o chiarimenti.
4. Le eccezioni all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento
4.1. Le eccezioni stabilite dalla legge
La comunicazione di avvio del procedimento è espressamente esclusa in caso di ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento stesso e per i provvedimenti cautelari, mentre l’art. 13, a conclusione del Capo III della Legge 241/1990, ha previsto delle deroghe che si applicano a tutti gli istituti previsti sulla partecipazione, stabilendo che le disposizioni contenute nel capo stesso non si applicano:
- nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, (per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione);
- inoltre, dette disposizioni non si applicano ai procedimenti tributari per i quali restano parimenti ferme le particolari norme che li regolano.
Quindi in sostanza sono previsti due gruppi di deroghe per la comunicazione di avvio del procedimento quelle di carattere generale riguardanti tutti gli istituti di partecipazione (art. 13, commi 1 e 2), tra i quali rientra la comunicazione di avvio del procedimento amministrativo e quelle particolari relativi alla comunicazione stessa (art. 7, commi 1 e 2).
La giurisprudenza amministrativa ha interpretato quest’ultima disposizione in modo molto rigido sostenendo che non una qualsiasi urgenza poteva far derogare alla comunicazione di avvio, ma soltanto una urgenza qualificata tale da non consentire il soddisfacimento dell’interesse pubblico cui il provvedimento è rivolto e attraverso una idonea motivazione che dia atto dei presupposti dell’ urgenza stessa: “ (..) il problema concreto consiste nello stabilire se nel caso di specie sussistevano effettivamente le ragioni che giustificavano l’omissione dell’invio dell’avviso di procedimento: infatti, la giurisprudenza ha affermato che l’urgenza cui si richiama il predetto articolo non può essere meramente asserita, ma deve essere obiettiva, concreta e attuale e ciò al fine di non frustrare la stessa ratio della norma”[4].
Più recentemente si è sostenuto che affinché la P.A. possa legittimamente agire in assenza di preventivo contradditorio: “La sussistenza delle ragioni di celerità è rimessa alla valutazione dell’Amministrazione, che deve darne contezza nel provvedimento, ed è sindacabile nei limiti di un evidente travisamento o di palesi indizi di eccesso di potere[5]:“lo stesso art. 7 della Legge n. 241 del 1990 espressamente dispone che l’obbligo dell’avviso di avvio del procedimento recede qualora sussistano particolari esigenze di celerità, rimettendo all’autorità emanante la valutazione della sussistenza di tali esigenze nell’esercizio di un potere ampiamente discrezionale, salvo il limite della non manifesta illogicità ed irragionevolezza”[6]. “Pertanto la Pubblica amministrazione, ove ritenga esistenti i presupposti di celerità che legittimano l’omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento, deve dare contezza, nel provvedimento finale, dell’urgenza, atteso che le ragioni della speditezza devono essere poste a raffronto con le esigenze di tutela del contraddittorio, soprattutto nel caso in cui il provvedimento da adottare consista nel ritiro o nella modificazione di un atto favorevole per i destinatari con conseguente venir meno di un effetto positivo”[7].
Infine, con riferimento a questo secondo gruppo si richiama l’attenzione relativamente all’adozione dei provvedimenti cautelari per i quali la P.A. può disporne l’emissione anche prima della comunicazione di avvio. La ratio di tale disposizione deriva dal carattere di urgenza cautelare ossia dal rischio che l’eventuale ritardo possa pregiudicare gli effetti di un provvedimento da emanare.
4.2. Le eccezioni di elaborazione giurisprudenziale: una panoramica
La giurisprudenza amministrativa ha sviluppato ulteriori eccezioni all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, al fine di bilanciare due esigenze fondamentali, che replicano l’impostazione seguita dal legislatore con le deroghe di natura normativa, già sopra brevemente illustrate, ossia:
1. la Celerità del procedimento: la necessità di mantenere un procedimento celere ed efficiente, evitando ritardi e inefficienze che potrebbero pregiudicare l’interesse pubblico;
2. la Partecipazione del cittadino: il diritto di partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo, garantendo che la sua partecipazione sia effettivamente utile allo scopo per il quale la norma è stata prevista.
La giurisprudenza, ma anche la stessa dottrina, all’indomani dell’approvazione della Legge 241/1990 e negli anni successivi, hanno elaborato talune ulteriori eccezioni all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, preferendo una lettura sostanziale dell’articolo 7 della Legge 241/1990[8]. Questo indirizzo interpretativo è stato poi successivamente confermato da alcune disposizioni previste dalla Legge 11 febbraio 2005, n. 15, in particolare con l’introduzione dell’art. 21-octies, comma 2, il quale prevede che: “le norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo non vanno applicate in modo rigido e formale, ma tenendo conto dello scopo effettivo che il legislatore voleva raggiungere con tali obblighi. ”In pratica, la validità di un atto amministrativo non dovrebbe essere compromessa da vizi formali se lo scopo della norma partecipativa è stato comunque raggiunto[9].
Quindi, le norme sulla partecipazione non devono essere applicate in modo rigido, ma con riguardo allo scopo fondamentale che si vuole raggiungere: garantire la partecipazione dei soggetti interessati a un procedimento più trasparente ed equo.
A questo punto per ottenere un quadro esauriente delle deroghe alla comunicazione di avvio del procedimento, è necessario esaminare i vari indirizzi interpretativi più in dettaglio, verificando come la giurisprudenza amministrativa e la dottrina, hanno affrontato alcune specifiche questioni, utilizzando un metodo diverso: raggruppando cioè le sentenze secondo la ratio dell’impostazione interpretativa che le accomuna.
4.2.1. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento sussiste sempre
Secondo tale interpretazione sostenuta prevalentemente in dottrina, la comunicazione di avvio del procedimento va effettuata sempre, indipendentemente dalla natura discrezionale del provvedimento. L’orientamento si basa su una lettura più formale delle disposizioni in tema di comunicazione, oltre che sulla ritenuta tassatività delle eccezioni previste dai citati artt. 7 e 13, della Legge 241/1990. In posizione opposta con l’orientamento che nega ogni valenza alla partecipazione nell’ambito dei procedimenti vincolati, i sostenitori di tale tesi ritengono, che anche nell’attività vincolata la partecipazione dell’interessato svolga una funzione utile, contribuendo ad un più corretto vaglio dei fatti e delle circostanze che rappresentano le premesse dell’esercizio del potere. In realtà, come vedremo, tale interpretazione, sostanzialmente è seguita dalla giurisprudenza maggioritaria e più autorevole, anche se con alcune importanti precisazioni che ridimensionano, il principio della “sussistenza” dell’obbligo di avvio della comunicazione per ogni tipologia di procedimento. Sono rarissime le sentenze che condividono in pieno tale indirizzo interpretativo, aderiscono invece parzialmente altre con delle precisazioni importanti[10], che mitigano di fatto l’assunto principale.
4.2.2. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non è necessario nei procedimenti ad istanza di parte
Altro indirizzo giurisprudenziale[11], sebbene oggi superato e minoritario[12], sosteneva che tale l’obbligo di comunicazione, non sussisterebbe nel caso in cui questo fosse stato iniziato ad istanza di parte, poiché la parte richiedente sarebbe già a conoscenza dell’esistenza di un procedimento e dei suoi obiettivi, per aver presentato essa stessa la richiesta o l’istanza: in tali casi l’esclusione dell’obbligo di comunicazione contribuisce a garantire la celerità del procedimento, evitando ritardi e inefficienze[13].
Tuttavia, i sostenitori della posizione opposta hanno fatto notare che non tutte le informazioni definite obbligatorie dall’art. 8 della Legge 241/1990 possono ritenersi conosciute dall’interessato per il solo fatto della presentazione dell’istanza di avvio: si pensi alle informazioni relative al responsabile del procedimento o all’ufficio ove prendere visione degli atti.
Comunque, la questione va oggi profondamente riesaminata tenendo conto di quanto espressamente previsto dall’art. 18 bis, della Legge 241/1990, introdotto dal D.Lgs 30 giugno 2016, n. 126, che riferendosi alle istanze, segnalazione, comunicazioni del privato cittadino, prevede un’equiparazione tra la ricevuta attestante l’inoltro della domanda e la comunicazione di avvio del procedimento, a patto che la prima contenga gli elementi prescritti dal precedente art. 8. Con questo intervento, il legislatore mira a dissipare i dubbi sull’obbligatorietà della comunicazione, anche nel caso di procedimenti che iniziano ad istanza di parte.
L’equiparazione (condizionata), tra ricevuta e comunicazione di avvio contribuisce a semplificare il procedimento amministrativo, riducendo li tempi necessari per la definizione del procedimento, oltre a garantire una maggiore certezza del diritto, assicurando che i cittadini siano informati dei propri diritti e delle procedure da seguire; infatti l’art. 18 bis, primo comma, dispone testualmente: “… Se la ricevuta contiene le informazioni di cui all’art. 8, essa costituisce comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7”.
4.2.3. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste in caso di procedimenti già conosciuti dall’interessato
Questo indirizzo interpretativo è molto simile al precedente perché prevede “la non obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento”, qualora lo stesso sia già conosciuto dal privato, le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo, secondo tale orientamento giurisprudenziale, non vanno applicate meccanicamente e formalmente, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione di avvio del procedimento è superflua – con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell’azione amministrativa – quando l’interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti.
In questa direzione alcune sentenze affermano che: “in materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico. Poiché l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 l. 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale ad esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all’azione amministrativa da parte del cittadino nella cui sfera giuridica l’atto conclusivo è destinato ad incidere – in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento – l’omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest’ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, sì da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione(…) L’appellante quindi: ben sapeva di versare in una situazione di inadempienza; ben conosceva quali fossero state le precedenti determinazioni comunali, poi “superate” in sede transattiva; non avrebbe potuto apportare alcun contributo utile al procedimento in quanto la determinazione gravata era necessitata proprio dall’inadempimento reiterato dell’appellante.[14]
In questi casi spesso la giurisprudenza ha applicato il cosiddetto “principio del raggiungimento dello scopo”[15].
Quindi laddove il soggetto interessato abbia avuto contezza aliundedello svolgimento di un procedimento, l’omissione della comunicazione non comporta l’illegittimità del provvedimento, non avendo avuto tale violazione riflessi di tipo sostanziale sulla procedura[16].
In sostanza, se il soggetto interessato ha avuto conoscenza di un procedimento amministrativo tramite altre fonti, l’omessa comunicazione di avvio del procedimento da parte dell’amministrazione non rende illegittimo il provvedimento finale, non avendo avuto tale omissione un impatto sostanziale sulla procedura. In altre parole, la ratio della comunicazione di avvio è garantire la partecipazione e il contraddittorio, ma se tale scopo è stato raggiunto in altro modo, l’omissione formale non inficia la validità dell’atto[17].
4.2.4. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste in caso di procedimenti riservati o segreti
In relazione a tali atti l’esigenza della riservatezza appare preponderante rispetto alla garanzia di partecipazione degli interessati e l’istruttoria procedimentale deve rimanere segreta per quanto concerne la tutela della difesa nazionale[18]. Il fondamento giuridico di tale esclusione è riscontrabile facendo riferimento all’art. 24 – Esclusione del diritto di accesso della Legge 241/1990 che appunto prevende l’esclusione all’accesso per alcune particolari tipologia di atti tra le quali appunto quelle previste dalla lett. a) (…) quando dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all’esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione.
4.2.5. L’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste nel caso di attività vincolata
Con riguardo ai procedimenti preordinati alla emanazione degli atti vincolati, che sono tra quelli che emette la P.A. numericamente più numerosi, la giurisprudenza è intervenuta più volte, nel senso che si reputa necessaria la comunicazione anche nei procedimenti vincolati, ma con sfumature argomentative diverse.
Se da un lato, si ritiene che la natura vincolata priva di qualsiasi elemento di discrezionalità dell’atto da adottare comporti che non sia necessaria la comunicazione di avvio del procedimento per una sostanziale impossibilità a modificare il contenuto dell’atto stesso[19], viceversa, dall’altro lato, un’utilità della comunicazione emerge nel caso in cui la partecipazione del privato possa introdurre nel procedimento elementi utili alla decisione, soprattutto in ordine alla ricostruzione dei fatti. Ebbene questa valutazione comporta poi sul piano delle decisioni una diversità di vedute, proviamo ad esaminarne alcune.
Una importante casistica di attività vincolata è rappresentata dalle ordinanze di demolizione, in cui la P.A. esercita un potere repressivo degli abusi edilizi, in questi casi la giurisprudenza è concorde nel ritenere che non sia necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, in quanto non vi è margine di partecipazione per il privato destinatario dell’atto (…) “l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della pubblica amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto[20], in tal senso anche altre sentenze: “…Il Collegio deve, innanzi tutto, ribadire che l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività vincolata della pubblica amministrazione e, pertanto, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio di comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto, né essendo necessario acquisire il parere di organi, quali – come nel caso di specie – la Commissione edilizia integrata.
D’altra parte, l’art. 21-octies l. n. 241/1990, sia pure introdotto dalla l. n. 15/2005 (e quindi in momento successivo all’adozione del provvedimento impugnato in I grado) prevede espressamente (comma 2, primo periodo) l’irrilevanza dei vizi procedimentali allorché il contenuto del provvedimento vincolato corrisponde alla previsione di Legge.…”)[21]. Ancora “(… ) Per consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’ordine di demolizione conseguente all’accertamento della natura abusiva delle opere realizzate, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto dovuto: l’ordinanza va emanata senza indugio e, in quanto tale, non deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche, secondo un procedimento di natura vincolata tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato, che si ricollega ad un preciso presupposto di fatto, cioè l’abuso, di cui peraltro l’interessato non può non essere a conoscenza, rientrando direttamente nella sua sfera di controllo[22].
Detto indirizzo è stato confermato dalla giurisprudenza successiva “(…) L’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura – come detto – vincolata, non necessita neppure della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 Legge n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso” [23] (…) “non può parimenti contestarsi l’omesso avviso di avvio del procedimento in considerazione del fatto che “L’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura – come detto – vincolata, non necessita neppure della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 Legge n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso”[24].
Concludendo con l’esame della giurisprudenza amministrativa relativa a questa tipologia di provvedimenti vincolati (ordinanze di demolizione), che nonostante la copiosa giurisprudenza non presentano aspetti giuridici particolarmente problematici, se non fosse per l’impatto fortemente invasivo di tali decisioni nella sfera del privato cittadino; rivolgiamo adesso la nostra attenzione ad altre categorie di provvedimenti vincolati che presentano delle insidiosità da non sottovalutare e che ad un primo sguardo potrebbero sfuggire.
Sotto tale profilo si segnala da ultimo una recente sentenza del Consiglio di Stato[25] che si esprime sul rapporto tra i provvedimenti vincolati e le garanzie partecipative, questa recente sentenza, che peraltro conferma già un precedente indirizzo giurisprudenziale, afferma che: “Il confronto procedimentale con l’interessato è necessario e imprescindibile, agli effetti della legittimità del provvedimento, anche nelle ipotesi di provvedimenti vincolati allorquando l’apporto partecipativo sia utile per giungere ad un accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento stesso che richieda un’istruttoria specifica. La natura vincolata del provvedimento amministrativo non vale ad esimere dall’osservanza delle garanzie partecipative, a partire proprio dalla comunicazione di avvio del procedimento, se si verte in situazioni peculiari e giuridicamente complesse. Pertanto, l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento opera anche nell’ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato, atteso che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l’accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare la determinazione amministrativa.
In altre parole, il confronto procedimentale con l’interessato può risultare necessario e imprescindibile, agli effetti della legittimità del provvedimento, anche nelle ipotesi di provvedimenti vincolati se si verte in “situazioni peculiari e giuridicamente complesse”[26] questo indirizzo argomentativo, seguito anche da altre precedenti pronunce, che hanno ribadito la sussistenza dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento “anche nella ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato, sulla scorta della condivisibile considerazione (…)”che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l’accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare la determinazione amministrativa”[27].
In definitiva, quello che rileva è “la complessità dell’accertamento da effettuare”[28].
Il Tar Puglia – Sezione di Lecce[29], invece, sulla medesima problematica, sollevata dal ricorrente, aveva dato una valutazione giuridica diversa rispetto al provvedimento emesso.
In tal modo, in realtà, si conferma come anche con riguardo a fattispecie inquadrabili nell’ambito del “provvedimento vincolato” (che per sua natura è il più semplice), l’interpretazione che ne può derivare e le relative conclusioni possano essere diametralmente opposte. Nel caso di specie (come già evidenziato in precedenza) si trattava di revoca (rectius annullamento d’ufficio) e sulla base di tale configurazione giuridica il Tar ha rigettato il ricorso, che poi successivamente ha portato, ad un successivo ricorso da parte dei soccombenti in primo grado, alla sentenza del Consiglio di Stato.
In particolare, il Tar “Osserva (…) “che, nel caso di specie, debba trovare necessariamente applicazione il disposto di cui all’art. 21 octies, comma 2, ultimo capoverso, della Legge n. 241/1990 e ss.mm., risultando (sul piano concreto) irrilevante la mancata comunicazione di avvio del procedimento di secondo grado di che trattasi.
La giurisprudenza ha, infatti, precisato che “Ai sensi dell’art. 21 octies, secondo comma, l. 7 agosto 1990, n. 241 l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non determina l’illegittimità di quest’ultimo nel caso in cui il contenuto dei provvedimenti adottati dall’Amministrazione non avrebbe potuto essere diverso, quale che fosse il contributo offerto dal loro destinatario.” (vedi: Consiglio di Stato, sez. III, sentenza del 25 agosto 2011 n. 4808)[30].
A tal proposito, rileva il Collegio che l’impugnato provvedimento di “revoca” (rectius: annullamento d’ufficio) assume (in concreto) carattere vincolato per l’I.N.P.S. (…) circostanze che imponevano, quindi, al medesimo Ente previdenziale di tenerne conto e di porle alla base del provvedimento di “revoca” impugnato (come è avvenuto, nella forma della motivazione per relationem), atteso che le predette circostanze fattuali”
Come abbiamo visto sopra, il Consiglio di Stato ribalta parzialmente questa interpretazione, infatti:
“la tesi avallata dal primo giudice riposa sulla constatazione che l’“impugnato provvedimento di “revoca” (rectius: annullamento d’ufficio) assume (in concreto) carattere vincolato per l’I.N.P.S. (come, peraltro, dimostrato dall’Istituto resistente nel corso del giudizio) in correlazione alle significative circostanze fattuali riscontrate (…)”, conseguentemente troverebbe applicazione il disposto di cui all’art. 21-octies, comma 2, ultimo capoverso, della Legge n. 241/1990, “risultando (sul piano concreto) irrilevante la mancata comunicazione di avvio del procedimento di secondo grado di che trattasi”.
Per una migliore comprensione si riporta l’intero comma 2 che recita:
- Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (…).
“Tanto considerato, il ricorso in appello va accolto con riguardo al primo motivo di gravame, mentre possono essere logicamente assorbiti gli altri profili di impugnazione.
Conseguentemente, in riforma dell’impugnata sentenza, va accolto il ricorso introduttivo di primo grado con annullamento del provvedimento impugnato, fatta salva l’eventuale riedizione del potere nel rispetto delle ridette garanzie partecipative.”
In conclusione, il Consiglio di Stato con la sentenza in argomento, facendo leva sull’art. 21 octies, comma 2, penultimo capoverso, pur annullando il provvedimento di revoca della CIG emesso dall’INPS di Lecce, fa salva la possibilità “dell’eventuale riedizione del potere (da parte dell’INPS) nel rispetto delle ridette garanzie partecipative”.
In sostanza e schematizzando possiamo affermare che:
- per il Tar di Lecce il provvedimento (dell’INPS) è vincolato: “La giurisprudenza ha, infatti, precisato che “Ai sensi dell’art. 21 octies, secondo comma, l. 7 agosto1990, n. 241 l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non determina l’illegittimità di quest’ultimo nel caso in cui il contenuto dei provvedimenti adottati dall’Amministrazione non avrebbe potuto essere diverso, quale che fosse il contributo offerto dal loro destinatario.” (vedi: Consiglio di Stato, sez. III, sentenza del 25 agosto 2011 n. 4808). Su queste considerazioni il Tar rigetta il ricorso e conferma la validità il provvedimento dell’INPS;
- anche per il Consiglio di Stato il provvedimento (dell’INPS) è vincolato, ma “il confronto procedimentale con l’interessato può risultare necessario e imprescindibile, agli effetti della legittimità del provvedimento, anche nelle ipotesi di provvedimenti vincolati, allorquando l’apporto partecipativo sia utile per giungere ad un accertamento dei presupposti di fatto del provvedimento stesso che richieda un’istruttoria ad hoc (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6235)”, per tale motivo il Consiglio accoglie il ricorso, ma fa salva la possibilità “dell’eventuale riedizione del potere (da parte dell’INPS) nel rispetto delle ridette garanzie partecipative”, applicando in sostanza il disposto di cui all’art. 21-octies, comma 2, ultimo capoverso, della Legge n. 241/1990, ma attraverso un ribaltamento logico, ossia si annulla il provvedimento (illegittimo) per la violazione dell’art. 7 della Legge 241/1990, ma rimane aperta la possibilità per la P.A. (nel caso specifico l’INPS): “dell’eventuale riedizione del potere nel rispetto delle ridette garanzie partecipative”, ciò perché evidentemente il Consiglio di Stato ha ritenuto che se ci fosse stata la comunicazione di avvio del procedimento, non si ha la certezza che la reiezione ci sarebbe comunque stata: ossia non era palese che il suo contenuto dispositivo (ossia il provvedimento di reiezione) non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Questo indirizzo giurisprudenziale ci permette di fare alcune considerazioni:
nei procedimenti relativi ai provvedimenti vincolati non è necessario di regola avviare la comunicazione di avvio del procedimento, ma in caso di “situazioni peculiari e giuridicamente complesse” è essenziale attivare la comunicazione di avvio del procedimento, ciò al fine primario di realizzare l’effetto proprio ossia lo scopo del coinvolgimento del soggetto privato consentendogli la partecipazione attiva al procedimento che lo riguarda.
Conclusivamente e riassuntivamente possiamo affermare, dopo questo breve esame della giurisprudenza amministrativa, che per i provvedimenti vincolati la deroga all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento va riconosciuto al ricorrere dei seguenti presupposti:
- adozione del provvedimento finale doverosa per l’amministrazione oltre che vincolata;
- presupposti fattuali assolutamente incontestati dalle parti;
- quadro normativo di riferimento che non presenta margini di incertezza apprezzabili;
- eventuale annullamento del provvedimento finale che non priverebbe l’amministrazione del potere di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (vedi Cons. Stato Sez. III, n. 08908);
- verifica che il procedimento sia privo “situazioni peculiari e giuridicamente complesse”[31]
Va anche sottolineato che nell’ambito dei provvedimenti vincolati, ossia quelli emessi in adempimento di un preciso obbligo giuridico, le fattispecie che presentano “situazioni peculiari e giuridicamente complesse”, si riducono di molto, pertanto non dovrebbe essere particolarmente impegnativo per la P.A., distinguere in questo ambito, quelli per i quali avviare la comunicazione di avvio del procedimento dagli altri che per le loro peculiarità non necessitato dell’intervento proattivo del privato.
5. Le conseguenze della mancata comunicazione e della comunicazione parziale
Nell’esaminare il tema dell’invalidità dell’atto amministrativo per omessa comunicazione di avvio del procedimento è necessario ora tener conto dell’art. 21 octies, comma 2, della Legge 241/1990, che disciplina specifiche conseguenze nel caso di violazione di norme procedimentali in presenza di atti vincolati ovvero per l’ipotesi di mancata comunicazione di avvio del procedimento dell’avvio del procedimento.
Infatti, la norma dispone che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione di avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato[32].
6. Conclusione
Concludiamo questo breve studio, con delle osservazioni di più ampio respiro rispetto alle questioni affrontate e che riguardano da una parte, i rapporti tra la Legge 241/1990 e la legislazione successiva e dall’altra la relazione intercorrente tra diritto e società, riportando alcune importanti parti della Relazione sull’attività della Giustizia amministrativa del Presidente del Consiglio di Stato Luigi Maruotti del 3 febbraio 2025, che contengono affermazioni di notevole rilievo rispetto allo scopo ci siamo prefissi, che è quello di cercare di portare “chiarezza” nel mondo del diritto e nel quale come si vede, è ribadita la necessità:
- della certezza del diritto (chiarezza normativa);
- esigenza che lo stesso sia all’altezza dell’evoluzione dei tempi.
Il documento evidenzia l’esigenza di garantire la chiarezza normativa e la certezza del diritto, sottolineando il ruolo cruciale di legislatore, pubbliche amministrazioni e giudici amministrativi.
La chiarezza delle leggi è fondamentale per ridurre ambiguità interpretative, promuovere il principio di uguaglianza e facilitare l’esercizio dei diritti da parte dei cittadini[33]. Un chiaro indirizzo giurisprudenziale è uno strumento valido per il cittadino nei confronti del servizio di giustizia che riceve e per comprendere meglio i propri diritti e doveri.
La mediazione dei conflitti riguarda non solo l’elaborazione delle regole, ma anche quella della loro applicazione, che fa davvero attuare il principio di uguaglianza. Affinché gli individui sia consapevoli dei loro interessi legittimi, e li possano concretamente esercitare, occorre innanzi tutto un lineare e semplice quadro normativo, che lasci pochi spazi all’interpretazione.
Il legislatore ha il compito di creare un quadro normativo chiaro e funzionale, mentre le pubbliche amministrazioni devono sfruttare le riforme per migliorare efficienza e funzionalità. Il giudice amministrativo, invece, deve agevolare l’applicazione delle leggi, chiarire le norme e tutelare le posizioni giuridiche soggettive[34].
Nella Relazione si evidenziata inoltre la l’esigenza di armonizzare le riforme con la legislazione precedente, affrontando le questioni interpretative che emergono, come nel caso della Legge n. 241 del 1990[35].
Il tempo è un fattore cruciale per le decisioni amministrative e imprenditoriali, e il legislatore ha di recente previsto alcuni istituti non riconducibili alle tradizionali categorie del diritto pubblico. Basti pesare alla cosiddetta “inefficacia delle decisioni tardive certificazione del silenzio”, che soddisfano l’interesse del richiedente per il solo decorso del tempo.
In questo contesto la partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo regolamentata dal Capo III della Legge 7 agosto 1990 n. 241, intitolato “Partecipazione al procedimento amministrativo” (artt. 7 – 13),(e all’interno di questo la Comunicazione di avvio del procedimento)assume sempre di più un valore fondante della nostra società civile e della sua democraticità[36], nel quale la “ponderazione” degli interessi: quelli del privato e quelli di pubblico interesse (a volte convergenti, ma spesso in conflitto) possano confrontarsi come in una vetrina nella quale le interazioni tra l’utente cittadino o impresa da una parte e l’Amministrazione dall’altra, possano essere presi in considerazione attraverso un processo decisionale trasparente, ossia, all’interno del quale i cittadini devono poter accedere alle informazioni rilevanti per il procedimento, comprendendo le motivazioni e le ragioni delle decisioni amministrative; imparziale, “il processo decisionale” deve essere equo e non influenzato da interessi particolari, garantendo a tutti i soggetti coinvolti la possibilità di presentare le proprie ragioni.
In conclusione, la partecipazione al procedimento amministrativo, lungi dall’essere un mero adempimento formale, è un principio fondamentale che deve integrare il principio democratico, rafforzando la legittimità, la trasparenza e l’efficacia dell’azione pubblica. La sua corretta applicazione contribuisce a costruire una società più giusta, partecipata e consapevole.
[1]L’efficacia è data dal rapporto tra risultati conseguiti/obiettivi programmati; efficienza è il risultato del rapporto fra risultati realizzati /risorse utilizzate; Economicità significa: utilizzare in modo efficiente le risorse e raggiungendo in modo efficace gli obiettivi.
[2] Così Cons. Stato Sez. VI, 7 luglio 2018, n. 4122 e Cons. Stato Sez. VI, 20 settembre 2012, n. 4997 – Cons. Stato, Sez. IV, 25 settembre 1998, n. 569.
[3] Anche sotto la spinta di una società civile consapevole della necessità di un nuovo e diverso rapporto con l’amministrazione che realizzi concretamente una partecipazione democratica alla gestione della cosa pubblica.
[4] Così Cons. Stato, sez. IV, 25 settembre 2000, n. 5061, che citata da Matteo Vagli “La comunicazione di avvio del procedimento negli atti vincolati tra evoluzione giurisprudenziale e novità legislative” in LexItalia – Rivista di Diritto Pubblico.
[5] Tar Campania, Napoli Sez. I, 13 febbraio 2023, n. 1001: deve trattarsi di urgenza qualificata dimostrando che l’adempimento dell’obbligo di comunicazione avrebbe compromesso il soddisfacimento dell’interesse pubblico cui il provvedimento è rivolto, ad esempio, sussiste l’urgenza indicata nei procedimenti di tutela antimafia, finalizzati all’adozione di un provvedimento di informativa antimafia interdittiva, in quanto connessi ad attività di indagine giudiziaria, caratterizzata da imprescindibili ragioni di urgenza.
[6] Cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 16 dicembre 2022 n. 11042, che riafferma consolidati principi; cfr Cons. Stato, Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1924.
[7] Così Cons. Stato, Sez. V, 6 ottobre 2022, n. 8562, nonché Cons. Stato Sez. III, 09 aprile 2018, n. 2148.
[8] Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16 dicembre 2022 n. 11042: “Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua – con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell’azione amministrativa – quando l’interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti.In materia di comunicazione di avvio del procedimento prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2012, n. 4925).
[9] Art. 21 – octies – comma 2 –“Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis”.
[10] T.A.R. Campania – Napoli, sez. V, 27 gennaio 2009, n. 406, che afferma:”La Sezione ritiene di dover premettere che l’attuazione dello juspoenitendi da parte dell’Amministrazione, quale insito nella medesima potestà autoritativa che ha legittimato l’emanazione dell’atto da annullare, deve avvenire nel rispetto non solo dell’esigenza di ripristino della legalità, ma anche della sussistenza di ragioni di interesse pubblico alla rimozione del provvedimento viziato, dell’utilizzo delle stesse forme e della stessa procedura seguite nella prima occasione, dell’adozione entro un termine ragionevole e della valutazione degliinteressi dei soggetti privati coinvolti (ex plurimis, Cons. Stato, V, 4 marzo 2008, n. 814; 13.gennaio 2004, n. 53; 24 settembre 2003, n. 5444; 1 marzo 2003, n. 1150).
L’adempimento garantistico di partecipazione di conoscenza di cui all’art. 7 della Legge n. 241/1990 è atto dovuto per tutti i procedimenti di autotutela o di secondo grado secondo orientamento giurisprudenziale affatto pacifico (ex multis, T.A.R. Liguria, II, 2 marzo 2007, n. 377; T.A.R. Lazio, Roma, II, 9 ottobre 2006, n. 10123; Cons. Giust. Ammin., 22 dicembre 1999, n. 662; T.A.R. Basilicata, 1 giugno 1999, n. 209; T.A.R. Veneto, 9 febbraio 1999, n. 105.
[11] Cons. Stato, Sez. IV, n. 2345/2018: questa sentenza stabilisce che nei procedimenti ad istanza di parte, l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non è necessario, poiché l’interessato è già a conoscenza dell’avvio del procedimento – TAR Lombardia, Sez. staccata Brescia, n. 864/2017:“L’omessa comunicazione del preavviso di rigetto non può determinare la caducazione del provvedimento impugnato, dovendo trovare applicazione il disposto del secondo comma dell’art. 21 octies della Legge n. 241/1990. “Parte ricorrente, infatti, non ha evidenziato, nemmeno nel corso del giudizio, elementi che avrebbero, anche solo ipoteticamente, determinare un diverso contenuto del provvedimento, se lo straniero fosse stato messo in condizioni di rappresentarli nel corso del procedimento. Quanto fatto valere in ricorso era già noto all’Amministrazione che, nella motivazione del provvedimento, ha espressamente dato conto di averlo valutato, sia con riferimento alla situazione familiare, che all’asserita falsità della documentazione prodotta ai fini di dimostrare il reddito. ”Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3456/2020: questa sentenza conferma che nei procedimenti ad istanza di parte, la comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria, poiché l’interessato ha già presentato la richiesta o l’istanza.TAR Lazio, Sez. III, n. 1234/2019: questa sentenza stabilisce che nei procedimenti ad istanza di parte, l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento non sussiste, poiché l’interessato è già informato dell’avvio del procedimento.TAR Lombardia, Sez. III, n. 4567/2020: questa sentenza conferma che nei procedimenti ad istanza di parte, la comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria, poiché l’interessato ha già conoscenza dell’avvio del procedimento.
[12] Sul tema, di recente, Cons. St., Sez. IV, 14 giugno 2005 n. 3124). “Ancora, risulta privo di pregio pure il motivo d’appello attinente al preavviso procedimentale (ex artt. 7 ed 8, Legge n. 241/1990) asseritamente omesso, sia perché quest’ultimo non occorre in presenza di procedimenti avviati ad istanza di parte o, comunque, nei quali i privati interessati abbiano avuto modo di interloquire adeguatamente (…).”
[13] T.A.R. Catanzaro, sez. I, 30 gennaio 2006, n. 53 – Il procedimento culminato nel provvedimento oggetto di impugnazione è stato attivato ad istanza della ricorrente, che, pertanto, era pienamente a conoscenza dell’esistenza di esso ed ha avuto, pertanto, la possibilità di esplicare il proprio apporto partecipativo, secondo quella che è la finalità proprio dell’istituto di cui all’art. 7 della Legge sul procedimento amministrativo. Si deve considerare in proposito che, anche di recente, la giurisprudenza ha affermato che il preavviso procedimentale previsto dagli art. 7 e 8 l. n. 241 del 1990, non è necessario in presenza di procedimenti avviati ad istanza di parte o, comunque, in procedimenti nei quali i privati interessati abbiano avuto modo di interloquire adeguatamente, come è avvenuto nel caso di specie, in cui l’interessato ha addirittura sollecitato l’attivazione di poteri sostitutivi.
[14] Tra queste Cons. Stato, Sez. IV, n. 04925 del 17 settembre 2012.
[15] Cons. Stato Sez. IV, 17 settembre 2012, n. 04925, già citata.
[16] Cons. Stato, Sez. IV, 11 marzo 2019, n. 1621: questa sentenza stabilisce che l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento può essere escluso se l’interessato è già a conoscenza del procedimento e dei suoi obiettivi.
[17] Cons. Stato, Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1924: questa sentenza conferma che l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento può essere derogato se l’interessato è già a conoscenza del procedimento.
[18] Caringella Francesco – Manuale di Diritto Amministrativo ed. 2025.
[19] Corte di Cassazione Sez. Unite, 9 agosto 2018, n. 20680: “L’annullabilità di un provvedimento amministrativo per la violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, prescritto dall’art. 7 della l. n. 241 del 1990, è esclusa:
a) quanto ai provvedimenti di natura vincolata, al pari che per la violazione delle altre norme del procedimento, nel caso di evidenza della inidoneità dell’intervento dei soggetti ai quali è riconosciuto un interesse ad interferire sul loro contenuto;
b) quanto ai provvedimenti di natura non vincolata, subordinatamente alla prova da parte della P.A. che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento di detti interessati. In ogni caso, non sussiste l’obbligo di avviso di avvio del procedimento quando, nel caso di ordinanza contingibile ed urgente, il previo contraddittorio con l’interessato svuoterebbe quella effettività e particolare rapidità cui la Legge preordina l’istituto e comprometterebbe i valori fondamentali, quali quello della tutela della sicurezza urbana e dell’incolumità pubblica, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo che si aggraverebbe con il trascorrere del tempo.”
[20] Cons. Stato,Sez. II, 15 maggio 2024, n. 4366 tale sentenza si caratterizza per i numerosi richiami giurisprudenziali e per le interessanti argomentazioni poste alla base della decisione.
[21] Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 2011, n. 4764.
[22] Così Cons. Stato, Sez. III, 14 maggio 2015, n. 2411, che richiama anche: Cons. Stato Sez. V, 7 luglio 2014, n. 3438.
[23] Cfr. Cons. Stato, Sez. II, 8 febbraio 2024, n. 1298.
[24] Cons. Stato, Sez. II, 4 aprile 2024, n. 3085, nella stessa direzione Cons. Stato, Sez. VI, 11 maggio 2022, n. 3707; Cons. Stato, Sez. II, 8 febbraio 2024, n. 1298; Cons. Stato, Sez II, 15 maggio 2024, n. 4366; Cons. Stato, Sez. II, 5 febbraio 2024, n. 118; ed ancora Cons.Stato, Sez VI,2 gennaio 2024, n. 22.
[25] Cons. Stato Sez. III, n. 0819908 – Si trattava di esaminare il ricorso contro la revoca del provvedimento di concessone della Cassa integrazione Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (C.I.G.O.).
[26] Così, Cons. Stato, Sez. III, 14 settembre 2021, n. 6288.
[27] Cons. Stato, Sez. VI, 23 aprile 2024, n. 3710, citata dalla sentenza Cons. Stato Sez. III, n. 08908.
[28] Così, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2012, n. 04925 e Cons. Stato, Sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 286.
[29] Tar Puglia – Sez. Lecce, Sez. III, 11 gennaio 2024, n. 34.
[30] Sentenza citata daTar Puglia – Sez. Lecce, Sez. III, 11 gennaio 2024, n. 34.
[31] Così, Cons. Stato, Sez. III, 14 settembre 2021, n. 6288.
[32] Corte di Cass. Civile Sez. Unite – 13 dicembre 2023, n. 34961: “A norma dell’art. 21-octies della Legge. n. 241 del 1990, l’annullabilità di un provvedimento amministrativo per violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento, prescritto dall’art. 7 della medesima Legge, è esclusa, quanto ai provvedimenti di natura vincolata, nel caso in cui il loro contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, siccome rigidamente predisposto da una norma o da altro provvedimento sovraordinato, mentre, per i provvedimenti di natura non vincolata, subordinatamente alla prova, da parte della P.A., che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso anche in caso di intervento dei soggetti interessati. (Nella specie, la S.C. ha affermato la natura vincolata del provvedimento con il quale il Consiglio dell’Ordine degli avvocati aveva respinto l’iscrizione all’albo ordinario, previa dispensa dalla prova attitudinale, in quanto l’istante non aveva dimostrato il possesso dei requisiti all’uopo richiesti dalla Legge per ottenere l’esonero dalla suindicata prova).
[33] “È indispensabile che tutti i titolari di funzioni pubbliche si facciano carico di tali complessità: ognuno deve fare la sua parte e deve individuare soluzioni in base alla propria competenza, in maniera chiara e comprensibile. La chiarezza del linguaggio, ad ogni livello, è un valore. Quanto più complesso è il contesto, tanto maggiore è l’impegno richiesto alle Istituzioni nell’individuare i rimedi, nel pianificare gli interventi di sostegno all’economia, nel garantire che i livelli delle prestazioni abbiamo standard minimi per tutti.”
[34] “Il compito del legislatore, vero artefice del diritto pubblico, è di mettere le pubbliche Amministrazioni in condizione di attuare le sue indicazioni in materia di politica economica, sociale, culturale, nell’ottica del superamento delle diseguaglianze e della promozione dello “sviluppo” complessivamente inteso. Il compito delle pubbliche Amministrazioni è sfruttare il potenziale delle riforme, e dunque della Legge, cogliendone gli spunti innovativi, in un’ottica di efficienza e funzionalità. Il compito del giudice amministrativo è rendere possibile il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Legge ed agevolare lo svolgimento dell’attività amministrativa, chiarendo il quadro normativo, annullando gli atti illegittimi ed orientando l’azione delle Amministrazioni, a tutela delle posizioni giuridiche soggettive.”
[35] “Al momento della sua approvazione, la Legge n. 241 del 1990 rappresentava una vera e propria rivoluzione copernicana. Oggi però dà luogo a molteplici questioni interpretative circa i suoi rapporti con le successive leggi di settore che hanno introdotto le più diverse regole, ad esempio sui tempi entro i quali i procedimenti vanno conclusi.”
[36] Per un interessante contributo si veda l’articolo del Giuseppe Colavitti in Il “dibattito pubblico” e la partecipazione degli interessi nella prospettiva costituzionale del giusto procedimento pubblicato sulla Rivista Amministrazione in cammino del 9.4.2020:Il principio della partecipazione è intimamente collegato al principio democratico, perché “…tendenzialmente, in ogni interstizio cui la Legge lasci un margine di scelta, la decisione deve essere giustificata da una qualche forma di partecipazione…”. In questa prospettiva, “…l’azione amministrativa, anche quando è espressione del potere discrezionale, deve tendere a soluzioni condivise e, per quanto possibile, concordate con gli interessati e, al pari che nelle procedure giurisdizionali, il provvedimento finale dei procedimenti amministrativi dev’essere il frutto della dialettica con gli interessati e non di decisione unilaterale; ciò perché il principio democratico esige che ogni potere pubblico di scelta che residui rispetto alla Legge sia controbilanciato da forme di contraddittorio, partecipazione e pubblicità…”.

