(Commento a T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, Sentenza n. 01153/2025 del 17/10/2025)
del dott. Giovanni Gambino
1. Il caso
La sentenza in commento [1] affronta una questione di fondamentale rilevanza per l’assetto istituzionale degli enti locali, emersa con forza a seguito della riforma delle Province (L. n. 56/2014, c.d. “Legge Delrio”). Il punctum dolens non è meramente procedurale, ma investe il cuore della contabilità pubblica e della funzionalità finanziaria dell’ente.
Il caso trae origine dal ricorso della Provincia di Foggia avverso il diniego (e il successivo silenzio) della Prefettura U.T.G. alla richiesta di nomina di un commissario ad acta. L’intervento sostitutivo era richiesto per un atto cardine del ciclo di bilancio: l’approvazione del rendiconto di gestione dell’esercizio 2024. Tale atto, “sebbene obbligatorio per legge e recante parere favorevole dell’organo di revisione, non era stato approvato dal Consiglio provinciale nonostante ripetute convocazioni”.
La mancata approvazione ha determinato, come rileva lo stesso TAR, “una situazione di stallo amministrativo con gravi ripercussioni sull’operatività dell’Ente, tra cui il blocco delle assunzioni, la sospensione dei trasferimenti statali e l’impossibilità di riconoscere i debiti fuori bilancio”. Si è verificata, in sostanza, una paralisi che incide direttamente sul principio di buon andamento (art. 97 Cost.) e sulla continuità dell’azione amministrativa.
2. Le tesi contrapposte: un vuoto normativo sui poteri di controllo
Le posizioni difensive, così come ricostruite in sentenza, riflettono una profonda incertezza normativa sui poteri di controllo dopo la Legge Delrio.
La tesi della Provincia (ricorrente) si fondava su due pilastri:
- Potere Sostitutivo Semplice: La Provincia ha invocato la perdurante vigenza di un potere prefettizio che la dottrina qualifica come controllo sostitutivo semplice (o commissario ad acta). Come si legge in sentenza, “il ricorrente fondava la propria richiesta sull’art. 19, comma 4, del R.D. n. 383/1934”, norma che consente al Prefetto di nominare un commissario per il compimento di un singolo atto obbligatorio omesso. Tale norma, secondo la Provincia, sarebbe “tuttora vigente e applicabile in virtù del disposto di cui all’art. 273, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000” (TUEL).
- Principi Costituzionali: La richiesta era supportata da una “interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, finalizzata a garantire il buon andamento dell’azione amministrativa […] in conformità al principio di leale collaborazione e all’art. 120 della Costituzione”.
La tesi delle Amministrazioni (resistenti) era volta a negare la sussistenza di tale potere:
- L’esclusività della L. 56/2014: La Prefettura ha argomentato che la Legge Delrio “nel disciplinare le Province in via esclusiva, non operava rinvii al Testo Unico degli Enti Locali in materia di poteri sostitutivi”, configurando un sistema chiuso e speciale.
- Inerzia vs. Rigetto: Con un argomento prettamente giuridico, la Prefettura ha eccepito che l’art. 19 R.D. 383/1934 “presupponeva un’inerzia dell’organo, mentre il Consiglio provinciale si esprimeva più volte in modo deliberativo, rigettando il rendiconto”. Si contrapponeva, dunque, l’omissione (silenzio) a una manifestazione di volontà negativa (atto di rigetto).
- Discrezionalità e Autotutela: La Prefettura ha, infine, qualificato la richiesta della Provincia non come un’istanza dovuta, ma come una “mera sollecitazione all’esercizio di un potere discrezionale”. Ha inoltre sostenuto che la seconda richiesta (del 22 luglio) fosse una “riproposizione di un’istanza già rigettata”, trattabile come un’istanza di riesame in autotutela, potere per sua natura discrezionale e non soggetto a coercizione.
3. La soluzione del TAR: il doppio vizio procedimentale
Il T.A.R. Puglia, con una mossa processuale abile, evita di dirimere la complessa questione sostanziale sulla vigenza del R.D. 1934 nell’era post-Delrio. Sceglie, invece, di accogliere il ricorso “nei ristretti limiti” di un duplice vizio procedimentale, applicando principi cardine del diritto amministrativo [2].
In primo luogo, il TAR accerta la violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990. Il Collegio, in linea con la dottrina [3], ribadisce la funzione essenziale del preavviso di rigetto quale garanzia del principio del contraddittorio nel procedimento amministrativo. Rigetta la tesi della Prefettura, affermando che l’istanza della Provincia non era una “generica sollecitazione”, bensì una “specifica e articolata richiesta di nomina di un commissario ad acta”. Di conseguenza, la Prefettura “ha omesso di trasmettere alla Provincia le ragioni del diniego desunte dal parere ministeriale, privando così l’ente della possibilità di replicare in modo puntuale e consapevole”. Il TAR è netto nel definire tale vizio “non meramente formale, ma sostanziale”, poiché ha impedito alla Provincia di partecipare all’istruttoria. Inoltre, il Giudice chiarisce che le garanzie formali non possono essere sanate da “colloqui informali” o da una “mera ‘interlocuzione avvenuta per le vie brevi’ con il Ministero”.
In secondo luogo, il TAR ravvisa la violazione del principio di leale collaborazione. Questo principio, che informa i rapporti tra pubbliche amministrazioni, è centrale nell’analisi del TAR. Il Giudice censura la “persistente inerzia della Prefettura” sulla seconda istanza, rigettando la difesa basata sulla “natura discrezionale del potere di autotutela”. Tale condotta, secondo il TAR, “appare in contrasto con i principi di correttezza e cooperazione che devono informare i rapporti tra pubbliche amministrazioni, specie in presenza di situazioni di stallo che compromettono il regolare funzionamento di un Ente locale”.
4. L’obbligo conformativo: l’art. 141 TUEL come “norma di chiusura”
È nella statuizione conformativa che la sentenza rivela la sua portata più dirompente. Il T.A.R. non si limita ad annullare, ma, in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale, impone alla Prefettura l’onere di agire: “sarà onere della Prefettura individuare con ogni consentita urgenza gli strumenti giuridici necessari alla eliminazione della situazione di stallo politico istituzionale venutasi a creare”. Il Giudice superando la disputa sul controllo sostitutivo semplice (il commissario ad acta ex R.D. 1934), suggerisce il ricorso a un ben più drastico controllo sostitutivo sanzionatorio [4], ovverosia “applicando analogicamente l’art. 141, secondo comma, del D.lgs. n. 267/2000” (norma che disciplina i casi di scioglimento del consiglio).
Questa indicazione è dirompente. Il TAR, di fronte a un potenziale vuoto normativo lasciato dalla L. 56/2014, utilizza l’analogia e definisce l’art. 141 TUEL come una ”norma generale di chiusura applicabile in via di principio a tutti gli enti locali”. La ratio di questa estensione analogica è la tutela di un bene superiore: l’impossibilità di tollerare un ”blocco sine die delle funzioni economico-contabili di un Ente di rilievo come una Provincia”.
5. Osservazioni conclusive: la supremazia delle regole contabili
La sentenza del T.A.R. Puglia, pur partendo da vizi procedurali (violazione Art. 10-bis e leale collaborazione), riafferma un principio sostanziale: le norme di contabilità pubblica, poste a presidio della funzionalità finanziaria dell’ente e del principio di buon andamento, non possono essere subordinate alle dinamiche politiche o vanificate da un vuoto legislativo. Il Giudice Amministrativo, applicando i principi generali del diritto amministrativo, utilizza la leva procedimentale per imporre una soluzione sostanziale. Colma, in via interpretativa, la lacuna della Legge Delrio, riaffermando che la paralisi contabile è un’eventualità che l’ordinamento non può ammettere, pena la disintegrazione della funzionalità stessa dell’ente pubblico.
[1] Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, Sentenza 17 ottobre 2025, n. 01153. Presidente L. Spagnoletti, Estensore A. G. Allegretta.
[2] Cfr. M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, 2024. Il testo analizza i principi dell’azione amministrativa, tra cui il buon andamento, e i rapporti tra le pubbliche amministrazioni, fondati sulla leale collaborazione.
[3] Cfr. R. GAROFOLI, Compendio di Diritto Amministrativo, 2024. Il testo analizza l’istituto del preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. 241/1990 come espressione fondamentale del principio del contraddittorio e del giusto procedimento.
[4] La dottrina amministrativistica (cfr. FRATINI, 2024; GAROFOLI, 2024) distingue nettamente i controlli sostitutivi semplici (su singoli atti, come il commissario ad acta) dai controlli sostitutivi sanzionatori (che colpiscono l’organo, come lo scioglimento ex art. 141 TUEL) per gravi e reiterate violazioni di legge.
Paralisi contabile e poteri sostitutivi: il TAR Puglia impone la supremazia della sana gestione finanziaria
(Commento a T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, Sentenza n. 01153/2025 del 17/10/2025)
Del dott. Giovanni Gambino
1. Il caso
La sentenza in commento [1] affronta una questione di fondamentale rilevanza per l’assetto istituzionale degli enti locali, emersa con forza a seguito della riforma delle Province (L. n. 56/2014, c.d. “Legge Delrio”). Il punctum dolens non è meramente procedurale, ma investe il cuore della contabilità pubblica e della funzionalità finanziaria dell’ente.
Il caso trae origine dal ricorso della Provincia di Foggia avverso il diniego (e il successivo silenzio) della Prefettura U.T.G. alla richiesta di nomina di un commissario ad acta. L’intervento sostitutivo era richiesto per un atto cardine del ciclo di bilancio: l’approvazione del rendiconto di gestione dell’esercizio 2024. Tale atto, “sebbene obbligatorio per legge e recante parere favorevole dell’organo di revisione, non era stato approvato dal Consiglio provinciale nonostante ripetute convocazioni”.
La mancata approvazione ha determinato, come rileva lo stesso TAR, “una situazione di stallo amministrativo con gravi ripercussioni sull’operatività dell’Ente, tra cui il blocco delle assunzioni, la sospensione dei trasferimenti statali e l’impossibilità di riconoscere i debiti fuori bilancio”. Si è verificata, in sostanza, una paralisi che incide direttamente sul principio di buon andamento (art. 97 Cost.) e sulla continuità dell’azione amministrativa.
2. Le tesi contrapposte: un vuoto normativo sui poteri di controllo
Le posizioni difensive, così come ricostruite in sentenza, riflettono una profonda incertezza normativa sui poteri di controllo dopo la Legge Delrio.
La tesi della Provincia (ricorrente) si fondava su due pilastri:
- Potere Sostitutivo Semplice: La Provincia ha invocato la perdurante vigenza di un potere prefettizio che la dottrina qualifica come controllo sostitutivo semplice (o commissario ad acta). Come si legge in sentenza, “il ricorrente fondava la propria richiesta sull’art. 19, comma 4, del R.D. n. 383/1934”, norma che consente al Prefetto di nominare un commissario per il compimento di un singolo atto obbligatorio omesso. Tale norma, secondo la Provincia, sarebbe “tuttora vigente e applicabile in virtù del disposto di cui all’art. 273, comma 5, del D.Lgs. n. 267/2000” (TUEL).
- Principi Costituzionali: La richiesta era supportata da una “interpretazione costituzionalmente orientata della normativa, finalizzata a garantire il buon andamento dell’azione amministrativa […] in conformità al principio di leale collaborazione e all’art. 120 della Costituzione”.
La tesi delle Amministrazioni (resistenti) era volta a negare la sussistenza di tale potere:
- L’esclusività della L. 56/2014: La Prefettura ha argomentato che la Legge Delrio “nel disciplinare le Province in via esclusiva, non operava rinvii al Testo Unico degli Enti Locali in materia di poteri sostitutivi”, configurando un sistema chiuso e speciale.
- Inerzia vs. Rigetto: Con un argomento prettamente giuridico, la Prefettura ha eccepito che l’art. 19 R.D. 383/1934 “presupponeva un’inerzia dell’organo, mentre il Consiglio provinciale si esprimeva più volte in modo deliberativo, rigettando il rendiconto”. Si contrapponeva, dunque, l’omissione (silenzio) a una manifestazione di volontà negativa (atto di rigetto).
- Discrezionalità e Autotutela: La Prefettura ha, infine, qualificato la richiesta della Provincia non come un’istanza dovuta, ma come una “mera sollecitazione all’esercizio di un potere discrezionale”. Ha inoltre sostenuto che la seconda richiesta (del 22 luglio) fosse una “riproposizione di un’istanza già rigettata”, trattabile come un’istanza di riesame in autotutela, potere per sua natura discrezionale e non soggetto a coercizione.
3. La soluzione del TAR: il doppio vizio procedimentale
Il T.A.R. Puglia, con una mossa processuale abile, evita di dirimere la complessa questione sostanziale sulla vigenza del R.D. 1934 nell’era post-Delrio. Sceglie, invece, di accogliere il ricorso “nei ristretti limiti” di un duplice vizio procedimentale, applicando principi cardine del diritto amministrativo [2].
In primo luogo, il TAR accerta la violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990. Il Collegio, in linea con la dottrina [3], ribadisce la funzione essenziale del preavviso di rigetto quale garanzia del principio del contraddittorio nel procedimento amministrativo. Rigetta la tesi della Prefettura, affermando che l’istanza della Provincia non era una “generica sollecitazione”, bensì una “specifica e articolata richiesta di nomina di un commissario ad acta”. Di conseguenza, la Prefettura “ha omesso di trasmettere alla Provincia le ragioni del diniego desunte dal parere ministeriale, privando così l’ente della possibilità di replicare in modo puntuale e consapevole”. Il TAR è netto nel definire tale vizio “non meramente formale, ma sostanziale”, poiché ha impedito alla Provincia di partecipare all’istruttoria. Inoltre, il Giudice chiarisce che le garanzie formali non possono essere sanate da “colloqui informali” o da una “mera ‘interlocuzione avvenuta per le vie brevi’ con il Ministero”.
In secondo luogo, il TAR ravvisa la violazione del principio di leale collaborazione. Questo principio, che informa i rapporti tra pubbliche amministrazioni, è centrale nell’analisi del TAR. Il Giudice censura la “persistente inerzia della Prefettura” sulla seconda istanza, rigettando la difesa basata sulla “natura discrezionale del potere di autotutela”. Tale condotta, secondo il TAR, “appare in contrasto con i principi di correttezza e cooperazione che devono informare i rapporti tra pubbliche amministrazioni, specie in presenza di situazioni di stallo che compromettono il regolare funzionamento di un Ente locale”.
4. L’obbligo conformativo: l’art. 141 TUEL come “norma di chiusura”
È nella statuizione conformativa che la sentenza rivela la sua portata più dirompente. Il T.A.R. non si limita ad annullare, ma, in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale, impone alla Prefettura l’onere di agire: “sarà onere della Prefettura individuare con ogni consentita urgenza gli strumenti giuridici necessari alla eliminazione della situazione di stallo politico istituzionale venutasi a creare”. Il Giudice superando la disputa sul controllo sostitutivo semplice (il commissario ad acta ex R.D. 1934), suggerisce il ricorso a un ben più drastico controllo sostitutivo sanzionatorio [4], ovverosia “applicando analogicamente l’art. 141, secondo comma, del D.lgs. n. 267/2000” (norma che disciplina i casi di scioglimento del consiglio).
Questa indicazione è dirompente. Il TAR, di fronte a un potenziale vuoto normativo lasciato dalla L. 56/2014, utilizza l’analogia e definisce l’art. 141 TUEL come una ”norma generale di chiusura applicabile in via di principio a tutti gli enti locali”. La ratio di questa estensione analogica è la tutela di un bene superiore: l’impossibilità di tollerare un ”blocco sine die delle funzioni economico-contabili di un Ente di rilievo come una Provincia”.
5. Osservazioni conclusive: la supremazia delle regole contabili
La sentenza del T.A.R. Puglia, pur partendo da vizi procedurali (violazione Art. 10-bis e leale collaborazione), riafferma un principio sostanziale: le norme di contabilità pubblica, poste a presidio della funzionalità finanziaria dell’ente e del principio di buon andamento, non possono essere subordinate alle dinamiche politiche o vanificate da un vuoto legislativo. Il Giudice Amministrativo, applicando i principi generali del diritto amministrativo, utilizza la leva procedimentale per imporre una soluzione sostanziale. Colma, in via interpretativa, la lacuna della Legge Delrio, riaffermando che la paralisi contabile è un’eventualità che l’ordinamento non può ammettere, pena la disintegrazione della funzionalità stessa dell’ente pubblico.
[1] Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, Sentenza 17 ottobre 2025, n. 01153. Presidente L. Spagnoletti, Estensore A. G. Allegretta.
[2] Cfr. M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, 2024. Il testo analizza i principi dell’azione amministrativa, tra cui il buon andamento, e i rapporti tra le pubbliche amministrazioni, fondati sulla leale collaborazione.
[3] Cfr. R. GAROFOLI, Compendio di Diritto Amministrativo, 2024. Il testo analizza l’istituto del preavviso di rigetto ex art. 10-bis L. 241/1990 come espressione fondamentale del principio del contraddittorio e del giusto procedimento.
[4] La dottrina amministrativistica (cfr. FRATINI, 2024; GAROFOLI, 2024) distingue nettamente i controlli sostitutivi semplici (su singoli atti, come il commissario ad acta) dai controlli sostitutivi sanzionatori (che colpiscono l’organo, come lo scioglimento ex art. 141 TUEL) per gravi e reiterate violazioni di legge.

